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Un patto federativo per costruire un modello liberal democratico inclusivo

Di Paolo Costanzo 

La prospettiva del patto federativo con Azione è quella di dare vita ad una forza politica, unica nel nostro Paese, ispirata ai valori liberaldemocratici, riformatori e ancorata ai liberali europei. La visione sottostante è un modello liberal democratico inclusivo che guardi alle profonde disparità territoriali, generazionali e di genere. Al contrario, i tentativi di creare il cosiddetto “Centro Moderato”, privi dello spirito riformista radicale, sembrano avere una finalità di carattere elettorale e non politica e come tale sono destinati a fallire.

Il periodo che ci apprestiamo ad affrontare si presta a grandi sfide ma anche a grandi insidie e criticità. Sul fronte delle criticità, al di là della elezione del Capo dello Stato che purtroppo ha distratto le forze parlamentari per troppo tempo, la pandemia ha fatto ripiombare il Paese in una situazione di incertezza con il rischio che si rifletta sulle dinamiche economiche, sui conti pubblici e sulla fiducia dei cittadini verso le Istituzioni. A ciò si aggiunge la spirale inflazionistica che, per le dinamiche che l’hanno generata, richiede risposte adeguate da parte dell’esecutivo. Purtroppo, non parliamo di inflazione generata da shock positivi di domanda aggregata ma di quella da shock dal lato dell’offerta che tendono a far aumentare i prezzi e al tempo stesso a deprimere l’attività economica. Oltretutto vi sono segnali che alcuni settori siano alle prese con difficoltà di produzione dettate dal malfunzionamento della catena del valore globale. La tentazione di molte forze politiche è quella di reagire con lo scostamento di bilancio, il che significherebbe vedere assorbiti gli aiuti dal rialzo dei tassi di interesse che sarebbe peggio del rimedio paventato. Forse sarebbe meglio adottare altre soluzioni come, ad esempio, allentare la domanda laddove i prezzi salgono troppo, eventualmente riscadenziando il PNRR, mentre se si vuole tagliare il costo dell’energia riducendo la componente tasse, occorrerà tagliare qualcosa o mettere più tasse da qualche altra parte.

Sul fronte internazionale, il controllo di alcune tecnologie nel comparto dell’energia verde da parte della Cina, che potrebbe ostacolare la transizione green alla base del New green deal, unitamente alla dipendenza dalle forniture di gas dalla Russia, che fa leva sulle sue risorse di gas, i cui prezzi sbalorditivi impoveriscono famiglie e imprese, dovrebbero spingere la Ue a trovare un fronte unito per trattare con Mosca e Pechino da una posizione di forza che allinei valori e interessi.

Un prima risposta della Commissione europea al monopolio della Cina è stata quella di aprire i rubinetti degli aiuti di stato per tentare di recuperare terreno nella corsa globale per i semiconduttori e microprocessori. Il cosiddetto Chips Act, si compone di un pacchetto di misure legislative, regolamentari e finanziarie per incoraggiare la produzione di semiconduttori di prossima generazione (sotto i 5 nanometri) in Europa. Il Chips Act dovrebbe permettere di mobilitare 45 miliardi di investimenti pubblici e privati utilizzando la leva del bilancio dell’Ue.

Ad ogni modo, la nostra matrice europeista ci deve condurre ad un ruolo più incisivo affinchè l’Unione Europea riesca ad esercitare una maggiore assertività e un maggior protagonismo nei campi cruciali della politica estera e della difesa. Ciò richiede che l’Europa continui ad essere un’area nella quale i principi della democrazia rappresentativa e dello Stato di diritto siano rigorosamente rispettati.

L’ambiente e le epidemie sono comunque un esempio evidente che non possiamo esimerci dal confronto con i Paesi nei quali questi principi non sono rispettati e il nostro atteggiamento nei confronti di questi Paesi deve partire dal presupposto di una ferma difesa dei principi liberal democratici all’interno dell’Unione al fine di non macchiarne l’identità.

La grande sfida è quella di creare, in Europa, le basi sociali ed elettorali per sostenere la liberal democrazia. I cittadini ai quali il progresso tecnologico, la globalizzazione e altri fattori costringono alla disoccupazione, al lavoro precario e a livelli di istruzione insufficienti sono oggi la base sociale di movimenti e partiti populisti e nazionalisti. Dobbiamo guardare anche a loro e questo lo potremo fare solo attraverso la costruzione di un modello liberal democratico che sia inclusivo e teso ad estendere diritti e benessere al maggior numero possibile di cittadini e che si contrapponga al fondamentalismo di mercato che ha acuito le disuguaglianze e creato il terreno fertile al successo delle forze nazionaliste e populiste.

E noi abbiamo la cultura politica, la tradizione e la passione per essere gli artefici nella costruzione di questo modello, dobbiamo essere la classe dirigente che riesce sin da subito a ridurre la sfiducia di questi cittadini verso la liberal democrazia. E’ necessaria una forte leadership politica con una classe dirigente all’altezza non solo in termini di individualità ma anche e soprattutto in termini di elaborazione collettiva. Lavorare concretamente, anche a livello territoriale, sul rafforzamento della federazione ne è presupposto fondamentale.

Next Generation EU è una grande occasione sia per l’impatto macroeconomico che ne può derivare sia perché i piani presentati dai singoli paesi sono l’esito di un’analisi congiunta delle riforme strutturali necessarie. Dobbiamo auspicare che gli investimenti previsti siano concentrati efficacemente all’innovazione digitale, alla transizione ecologica, all’istruzione, alla sanità e all’inclusione sociale e che ciò si rifletta in una crescita della produttività, dei salari e in un rapporto con l’ambiente che sia ecocentrico. Il nostro Paese viene da 20 anni di scarsa accumulazione della conoscenza e dall’incapacità di cogliere le due innovazioni disruptive che hanno qualificato l’inizio del nuovo secolo: lo sviluppo delle reti e di algoritmi sempre più sofisticati. Dobbiamo recuperare questo gap.

Quali sono le basi per la costruzione di una liberal democrazia che sia inclusiva:

  • Uno Stato che giochi un ruolo di indirizzo e guida, che investa nella ricerca di base le risorse necessarie e che sia in grado di assicurare il giusto equilibrio tra politiche di regolamentazione e libertà di impresa;
  • Un sistema di tassazione equo che sia in grado di colpire la ricchezza prodotta dove questa si forma e uno sforzo politico globale che porti i paradisi fiscali a perdere la loro ragione d’essere in modo che le imprese contribuiscano in modo equo alle entrate fiscali dei Paesi in cui operano;
  • Un coordinamento fra le autorità pubbliche europee affinchè la posizione dominante dei giganti del web, determinata dalla capacità di raccolta e gestione dei data, non diventi una barriera all’entrata per le nuove imprese innovative. Assicurare la concorrenza in questo ambito ha la potenzialità di accelerare i processi innovativi con effetti positivi sulla crescita della produttività e del reddito;
  • Evitare asimmetrie nei rapporti di forza sia all’interno delle associazioni imprenditoriali che nei rapporti con e fra le parti sociali;
  • Creare le premesse affinchè i corpi intermedi ovvero associazioni per la difesa dell’ambiente, gruppi che si battono per la difesa della privacy o le associazioni per la difesa dei consumatori giochino un ruolo importante nella lotta al cambiamento climatico, all’adeguato utilizzo dei dati personali e nel garantire la sicurezza dei prodotti commercializzati. Sarà necessario coinvolgere nelle decisioni nuovi soggetti sociali, portatori di nuove istanze e nuove esigenze.

Sono certo che una crescita trainata da investimenti nell’economia verde e nella digitalizzazione sia in grado di produrre un aumento della crescita potenziale, dell’efficienza economica e fluttuazioni meno violente. Ma questo presuppone anche una visione che ponga le basi per la cooperazione internazionale e il multilateralismo al fine di bilanciare esigenze economiche ed esigenze ambientali

La pandemia ci ha trovato impreparati, nei sistemi sanitari ma anche nella capacità di dare risposte efficaci. I Paesi erano preparati alle catastrofi biomediche secondo logiche militari. Non va trattata come una parentesi ma come una minaccia che si farà via via più seria. Dobbiamo evitare l’irresponsabilità organizzata, apportare cambiamenti strutturali alla nostra catena alimentare, al sistema dei trasporti, rendere il sistema di sanità pubblica adeguato, ecc.

Infine, dovremo rivedere le metriche che misurano la crescita. Ciò che misuriamo influisce su ciò che facciamo. Se misuriamo la cosa sbagliata, domani faremo la cosa sbagliata; se non misuriamo qualcosa questo qualcosa viene ignorato come se il problema non esistesse. Se non misuriamo le disuguaglianze o il degrado ambientale è probabile che non ce ne occuperemo. Un’economia la cui crescita non sia sostenibile in tutte le sue dimensioni (economica, sociale e ambientale) sottrae qualcosa alle future generazioni. La nostra crescita economica, così come la misuriamo, non è sostenibile dall’ambiente; il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per la nostra stessa esistenza.

Dovremo guardare al di là del PIL se vogliamo valutare lo stato di salute di un Paese e affiancargli un pannello di indicatori più ampio che rispecchi la distribuzione del benessere nella società e la sostenibilità di questo nelle sue dimensioni sociali, economiche e ambientali.

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-02-11 15:02:19 +0100