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Perché i 7 miliardi della lotta all’evasione sono fittizi

di Paolo Costanzo e Piercamillo Falasca

Inserire fra le entrate 2020 ben 7 mld dalla lotta all'evasione sembra un vero e proprio azzardo per i conti pubblici.
La lotta all'evasione si fa e poi si restituisce quanto recuperato ai cittadini onesti sotto forma di minori tasse e più servizi. Mettere invece a preventivo la cifra di 7 miliardi da recupero di evasione, come fa il governo nella Nota di aggiornamento del Def, significa scrivere il bilancio dello Stato sull'acqua, perché il recupero da evasione fiscale è da sempre incerto.
Nell’ultimo anno sono stati recuperati appena 1,8 miliardi dalla fatturazione elettronica (che è una riforma strutturale), come si potranno mai recuperare 7 miliardi ora? Cosa farà l'Agenzia delle Entrate, avrà mandato di raggiungere obbligatoriamente quell'obiettivo anche a costo di vessare i contribuenti onesti?

L'attività di controllo da parte degli organi preposti all'accertamento, in presenza di contestazioni, prevede l'emissione di un processo verbale di contestazione (pvc) al quale consegue un avviso di accertamento in assenza di un'adesione da parte del contribuente accertato. All'avviso di accertamento, sempre che il contribuente non vi aderisca nelle forme previste dalla legge, consegue il ricorso da parte del contribuente (il quale nel frattempo si vede addebitate mediante cartella esattoriale 1/3 dell'importo contestato oltre a sanzioni e interessi) che segue la tempistica molto lenta della giustizia tributaria.

Le statistiche dicono che l'ufficio vince il ricorso in I grado (CTP) nel 46,5% dei casi e in II grado (CTR) nel 45,4% dei casi. Significa che in oltre la metà dei casi non è l'Agenzia a vincere. Solo che, come molti sanno, vige un illiberale principio del “solve et repete”: il contribuente è prima costretto a pagare e poi, se dimostra di essere nel giusto, si vedrà restituito il maltolto in arco temporale molto lungo. L'obiettivo finirà pertanto per essere quello di conciliare e incassare il più possibile.

Il nostro timore è che parta una caccia alle streghe volta a rincorrere l’obiettivo fissato dei 7 miliardi inducendo anche i contribuenti onesti a conciliare pur di non sobbarcarsi gli oneri economici e psicologici di un processo tributario.

L'evasione fiscale è sì un problema, ma va affrontata prevedendo l'utilizzo dei dati disponibili presso tutte le amministrazioni dello Stato e utilizzandole secondo la moderna gestione consentita dall'innovazione tecnologica. Nel contempo andrebbe affrontata una riforma complessiva del sistema tributario che riveda i redditi oggetto di imposizione e semplifichi le norme la cui attuale farraginosità agevola i disonesti, pone in seria difficoltà gli onesti e fa fuggire gli investitori dall'Italia.

La sensazione è che questa famigerata voce di 7 miliardi sia stata gonfiata dal Mef per giustificare il blocco dell'aumento dell'Iva che il governo non sa ancora concretamente come finanziare. E il rischio è dunque che quell'aumento (o un altro equivalente) faccia di nuovo capolino, da qui all'approvazione della legge di bilancio. Vigileremo.

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