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Perché è importante sostenere i referendum sulla Giustizia

di Mauro Gradi

Senza nulla togliere al referendum per la legalizzazione dell’eutanasia, grande battaglia di civiltà promossa dall’associazione “Luca Coscioni” con +Europa in prima linea (non è casuale che già nel 1984 il parlamentare socialista con doppia tessera radicale, Loris Fortuna, presentasse una prima proposta di legge in materia), indubbiamente, il referendum per una giustizia giusta è di gran lunga più impattante sull’opinione pubblica; un argomento, il sistema giudiziario, non di nicchia, ma, popolare, di tutti.

Dalla responsabilità civile diretta dei magistrati (che dovrebbe essere naturale in un paese normale), alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri (non come misura punitiva, ma come garanzia per la terzietà del giudice e per l’effettiva parità tra accusa e difesa), alla valutazione dei magistrati anche da parte di soggetti esterni alla magistratura (per superare quel meccanismo perverso dell’autogoverno corporativo e della coincidenza tra controllori e controllati), all’abolizione degli automatismi giustizialisti della c.d. Legge Severino, alla carcerazione preventiva come extrema ratio (solo per i reati più gravi).

I 6 quesiti referendari sono solo una parte, ma, una parte rilevante dei temi sulla giustizia sui quali radicali, socialisti e liberal-riformisti si battono da alcuni decenni (pensiamo al referendum sulla giustizia giusta del 1987).

Al di là di come sia nata e da parte di chi sia stata promossa tale iniziativa referendaria, +Europa  non può non esserci con forza: non solo perché è opportuno dal punto di vista politico-elettorale, ma, soprattutto, perché è giusto.

La battaglia per una “giustizia giusta” fa parte del nostro DNA, della nostra storia; ed oggi, più che mai, è una delle priorità del nostro Paese, come da tempo ci evidenzia l’Europa: basti pensare alle condizioni in cui versa il sistema giudiziario italiano e agli oltre mille casi all’anno di ingiuste detenzioni (per non parlare del sistema penitenziario).

Il nostro Congresso Nazionale dello scorso luglio si è (come non poteva che essere) pronunciato a favore dell’attuale referendum sulla giustizia promosso dal Partito Radicale e dalla Lega (sulla convergenza di Salvini mi riporto all’approccio laico di Emma Bonino: quando un avversario politico sposa le tue idee non puoi che rallegrartene…).

Peraltro, non basta limitarsi ad un qualche contributo nella raccolta delle firme che, a queste condizioni, finirebbe per intestarsele tutte Salvini.

Come ho evidenziato nella Direzione Nazionale post-congressuale, occorre una sollecita nostra discesa in campo (al pari dell’eutanasia): da una massiccia e diffusa campagna di raccolta firme (fermo restando l’iniziativa dei Consigli Regionali), ad una nostra mirata propaganda referendaria. Non solo banchetti (con bandiere di +Europa e davanti ai palazzi di giustizia delle principali città), ma anche iniziative ed eventi capaci di conquistare gli onori della cronaca (vedi l’iniziativa nazionale “firma day” di fine luglio a Roma).

Il punto politico è quello di tentare di far passare il messaggio che questo referendum sulla giustizia non è solo di Salvini!

Abbiamo le capacità e la credibilità per poterlo fare negli oltre 2 mesi che ci separano dalla scadenza prorogata al 31 ottobre 2021.

E su questa lunghezza d’onda, nella consapevolezza che il referendum per una “giustizia giusta” sia compatibile con i propostiti del Governo Draghi e rafforzativo della riforma sulla giustizia della ministra Cartabia, non dobbiamo più esitare al massimo sforzo in nome di uno stato di diritto con più potere alla legge e meno potere ai magistrati.

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