di Manuela Zambrano
Gli effetti della Presidenza Biden sono già sotto gli occhi di tutti. La forza con la quale, già in campagna elettorale, il neoeletto Presidente degli Stati Uniti d’America ha affrontato il tema dei cambiamenti climatici ha cambiato la prospettiva degli altri grandi attori internazionali. Tra questi Jair Bolsonaro, che in una lettera al Presidente Biden, si è affrettato a chiarire che “siamo pronti a proseguire la nostra cooperazione a favore dello sviluppo sostenibile e della tutela dell’ambiente, in particolare dell’Amazzonia”.
Facendo un passo indietro, il 38° Presidente del Brasile, in carica dal 1 gennaio 2019, all’inizio del suo mandato aveva chiarito l’intenzione di utilizzare la foresta dell’Amazzonia per lo sviluppo del Brasile (allevamento e agricoltura di soia e olio di palma) e a metà dello stesso anno aveva già iniziato ad attuare il suo piano di completo sfruttamento della foresta la quale, per essere trasformata in terra agricola per i grandi latifondisti brasiliani, è stata data alle fiamme con interventi mirati e costanti già nell’agosto dello stesso anno (il Presidente brasiliano ha ufficialmente negato la responsabilità su questi accadimenti).
Il mese dopo, durante il proprio intervento all’Assemblea delle Nazioni Unite a New York, il Presidente Brasiliano ribadì una visione retrograda e sovranista, negando l’importanza della foresta amazzonica per la vita del pianeta e dei suoi abitanti e confermando l’intenzione di un suo completo sfruttamento.
A distanza di poco più di un anno da quel discorso l’effetto Biden, a poche ore dal suo insediamento, ha già prodotto i propri frutti internazionali generando un cambio di rotta sulla tutela dell’ambiente. Restiamo in attesa, la foresta pluviale dell’Amazzonia tira un sospiro di sollievo. E noi con lei.