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Le ragioni del No. Newsletter sul referendum costituzionale

A cura di Giordano Masini 

Questa è una newsletter sul referendum costituzionale del 20 e 21 settembre. Una sorta di rassegna stampa che non invieremo ogni giorno, ma a cadenza il più possibile regolare, e che pubblichiamo anche come articolo sul nostro sito, attraverso la quale cercheremo di esporre i punti di vista, i pareri e le ragioni di chi, come noi, si oppone al cosiddetto “taglio dei parlamentari”.

 

Forse il documento più ricco contro il taglio dei parlamentari, anche se sintetico e chiaro nella forma, e “pesante” per la quantità e il valore dei suoi firmatari proviene da un appello firmato da centinaia tra studiosi e studiose di diritto costituzionale e comparato, nonché di altre materie affini. È difficile estrarne poche righe da presentare qui in anteprima, tanti sono gli argomenti in ballo, dalla questione dell’esclusione dalla rappresentanza di molti territori all’ideologia anti-parlamentare di cui questa riforma è figlia. Basti il principio citato in conclusione: «È illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l’evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non è meglio di nessuna riforma. Semmai è vero il contrario. Respingendo questa riforma perché monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale».

Carlo Cottarelli ha rilasciato una lunga intervista a Repubblica in cui espone le ragioni del suo No. L’articolo online è accessibile solo agli abbonati, se ne può ricavare una sintesi qui, e ascoltare questa sua breve intervista video dal Forum Ambrosetti di Cernobbio . Secondo il direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici, già commissario alla spending review, il taglio dei parlamentari è inutile (soprattutto dal punto di vista dei risparmi che si otterrebbero) e quindi è dannoso: dannoso soprattutto perché apre all’idea che la Costituzione, che è il fondamento del nostro ordinamento democratico, possa essere modificata con superficialità, anche per “futili motivi”. Sarebbe un precedente molto grave.

Sofia Ventura dai pixel dell’Huffington Post critica la posizione del Partito Democratico, che dopo aver votato tre volte No in Parlamento contro questa riforma ha deciso alla fine di approvarla in ultima lettura e di arrivare al referendum con un Sì tormentato che non viene compreso dalla maggioranza dei suoi elettori, secondo i sondaggi in maggioranza più propensi per il No. «La storia ci insegna che pensare di utilizzare per i propri scopi forze radicali non ha mai portato bene. Ma la storia non è mai purtroppo maestra di vita e così ogni volta c’è chi ci riprova. E con questo referendum il passo verso la completa soggezione a chi delle istituzioni parlamentari non sa che farsene sarà un passo molto lungo».

A proposito del dibattito in corso nel Partito Democratico, vale la pena ricordare la posizione di Gianni Cuperlo. Una posizione articolata, che potete ritrovare nell’articolo per Domani, il nuovo progetto editoriale diretto da Stefano Feltri: «Il punto è che la nostra Costituzione non mitizza un popolo generico. Spiegava anni fa Gaetano Azzariti come il cuore della nostra democrazia “riguarda il modo in cui si forma la volontà popolare e le modalità attraverso cui si traduce in volontà politica”. In altre parole, la rappresentanza copre esattamente questa funzione: comporre i conflitti, espressione della diversità di interessi e bisogni, non per annullarli, ma per consentire la loro coesistenza in una società plurale. Se di questo si tratta, limitare la pluralità (o il pluralismo) dentro l’ambito della rappresentanza, in primis del parlamento, equivale a tacitare quella stessa pluralità nel corpo vivo della società, con l’effetto di impoverire perimetro e qualità di una democrazia».

E paradigmatico del tormento del Partito Democratico è anche questo passaggio di Gentiloni alla Festa dell’Unità captato e riportato via tweet da Marco Taradash: «Gentiloni alla Festa dell’Unità (bravissimo) alla domanda sul referendum risponde “voterò come deciderà il Pd, quindi voterò sì” e a Lina Pamerini che gli fa notare che non ci sono stato applausi risponde “non mi applaudirei nemmeno io”».

Arianna Furi, fondatrice dell’associazione giovanile Millenials, dal suo blog sull’Huffington Post spiega perché la sua associazione si è schierata per il No: «Il vero problema non sta nel numero dei parlamentari, bensì nei processi elettivi, nel funzionamento del Parlamento e nei tempi del potere legislativo. Quello che propongono i Millennials è una riorganizzazione delle funzioni delle due Camere e del rapporto tra Stato e Regioni. Non è più il tempo per una politica fatta di slogan che pensa di parlare alla pancia dei cittadini invece che alla loro testa, fatta di grandi manifesti con enormi forbici che tagliano poltrone. Occorre entrare nel merito dei dibattiti e stimolare la conoscenza e la scelta responsabile».

Infine, oggi su Il Riformista Emma Bonino ribadisce l'impegno di + Europa per il No scegliendo di «mettere la faccia su una presumibile sconfitta al referendum», nella consapevolezza che «dalla vittoria del Sì conseguirebbe una ben più rovinosa sconfitta per la democrazia italiana».

Tutte le personalità citate in questa breve rassegna - Emma Bonino, Carlo Cottarelli, Gianni Cuperlo, Sofia Ventura, Marco Taradash, Arianna Furi e alcuni dei redattori dell’appello dei costituzionalisti - parteciperanno insieme a tante altre (siamo già a circa 50 partecipanti, tra parlamentari, giuristi, economisti, sindaci…) alla grande maratona oratoria per il No che trasmetteremo online sui canali Facebook e Youtube di +Europa, a partire dalle ore 15 di domani mercoledì 9 settembre. Seguiteci numerosi!

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