di Ilaria Donatio
Le donne soffrono di depressione da 2 a 3 volte più degli uomini. Lo documenta il settimo Libro Bianco dell’Osservatorio nazionale per la salute della donna e di genere.
Le malattie cardiovascolari, poi, colpiscono di più il genere maschile (4,9 vs 3,5%), ma rappresentano la prima causa di morte delle donne (48 vs 38%). E anche per i fattori di rischio, la situazione è diseguale: se è vero che le donne fumano in media meno degli uomini (14,9 vs 24,8%), è vero anche che a loro basta fumare un terzo delle sigarette dell’uomo per avere lo stesso rischio cardiovascolare.
Per tutti questi motivi, il futuro in medicina è attrezzarsi per fornire una risposta sempre più personalizzata e “su misura” ai nostri bisogni terapeutici: integrando medicina di genere - o meglio, genere-specifica - e medicina di precisione.
Una strada ancora lunga che, in particolare in oncologia, sta già ottenendo risultati importanti. Da pochi mesi, in Italia, abbiamo il primo Ospedale a offrire percorsi specifici e una presa in carico della donna, in ogni fascia di età (11-18; 19-50;45/50-65; over 65): è il milanese Macedonio Melloni.
Uno dei modelli a cui si ispira, è stato pienamente realizzato dal Brigham and Women Hospital di Boston, al cui interno opera un centro della salute della donna con 17 diversi dipartimenti. Per esempio al Melloni esiste la Mother Baby Unit, unità di degenza ospedaliera pensata per far fonte alla depressione perinatale che colpisce il 12% delle donne in attesa e delle neomamme. Un aiuto fondamentale per tantissime donne in difficoltà che spesso non sanno a chi chiedere aiuto, con conseguenze disastrose.
Ecco perché questo approccio è l’unico davvero rivoluzionario rispetto alle diseguaglianze di salute, che esistono e sono quasi sempre legate ad altre disuguaglianze: sociali, psicologiche, economiche e politiche. Potervi contare può fare la differenza e salvarci la vita.
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