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Gli ucraini devono difendersi e devono farlo anche con il nostro aiuto

"Non sono una pacifista, sono una non violenta. Gli ucraini devono difendersi e farlo anche con il nostro aiuto"
Intervista di Emma Bonino ad Huffington post

di Pietro Salvatori

“E che gli dobbiamo mandare, dei cioccolatini?”. Emma Bonino è netta: l’invio delle armi all’Ucraina è la cosa giusta da fare in questo momento drammatico.

La leader di +Europa stigmatizza chi in queste ore sostiene in parte o in toto le ragioni del governo russo, parla di accerchiamento della Nato: “Le motivazioni di Putin semplicemente non stanno in piedi. Poi nei salotti dei talk fa comodo una cosa: dare contro a un avversario tutto sommato accettabile come la Nato è sostenibile, difendere Putin è difficile. È un escamotage”

D. Senatrice, partiamo dalle notizie delle ultime ore: sono diverse le strade tentate dalla diplomazia per sbloccare la situazione: dal viaggio di Bennet alle telefonate con Putin di Macron e Erdogan. Tentativi che al momento hanno sbattuto con la volontà del presidente russo di andare fino in fondo.
È vero, ma bisogna continuare con la diplomazia. Il fatto che tutti gli attori interessati e che hanno qualche chance si siano mobilitati è positivo, ed è anche una spia della gravità della situazione.

Ci sono altre strade da poter percorrere?
Vedo che tutte le strutture europee e quelle dell’Onu, al netto del Consiglio di sicurezza dove, vorrei ricordare ad alcuni colleghi italiani, la Russia ha potere di veto, si sono mobilitate. La Corte penale internazionale ha proposto e poi deciso l’apertura di un’indagine sui crimini in Ucraina, sostenuta da 39 paesi. Zelensky ha interpellato la Corte di giustizia dell’Aja. Al netto dell’invio di soldati sul campo, che scatenerebbe una guerra globale, il fatto che si tentino di percorrere tutte le strade alternative è segno che sia in moto una dinamica positiva, e dovremmo imparare qualche lezione.

Quali?
Per esempio noi italiani potremmo imparare che la dipendenza dal gas ci rende vulnerabili. Non a caso Di Maio è volato in Quatar e in Algeria per diversificare le fonti di approvvigionamento. Non bisogna scordare che la Russia incassa ancora 700 milioni al giorno vendendo il suo gas.

C’è chi chiede di interrompere gli acquisti, ma al momento né i paesi del G7, né gli Stati Uniti o l’Europa hanno deciso di intraprendere questa strada.
Non so se sia possibile tecnicamente, di certo avremmo un problema di opinione pubblica per eventuali interruzioni o per un ulteriore incremento dei costi. Fortunatamente per noi l’opinione pubblica ha ancora un peso, a differenza della Russia. Anche se Putin inizia ad avere i suoi guai: l’appello dei 350 scienziati, con nome e cognome, per fermare la guerra non si era mai visto. La strada resta comunque quella di aggravarne la posizione interna, erodergli il consenso a casa sua.

C’è però una parte di quella pubblica opinione che contesta tanto Putin quanto la Nato. A piazza San Giovanni, ieri, la richiesta che si levava era quella di non fornire più armi agli ucraini.
E che gli dobbiamo mandare, dei cioccolatini? Di certo se non sopravvivesse più nessuno non si sparerebbe più. Non sono una pacifista, sono una non violenta. Credo nella pressione diplomatica ed economica, credo nel mettere alle strette gli oligarchi. Ma gli ucraini devono difendersi, e farlo anche con il nostro aiuto.

Rimanendo in tema, ha un certo appeal la tesi che in tutto quel che stia succedendo la Russia abbia le sue giustificazioni, e che il vero responsabile sia la Nato.
C’è sempre stata in Italia una corrente minoritaria che accredita tutte le colpe a Usa e Nato. Che certamente avranno pure commesso degli errori. Noi stessi non ci siamo svegliati dopo la Georgia, pensando che tutto si sarebbe risolto e non diversificando le fonti energetiche del paese. La stessa baldanza di Putin, che sperava in una guerra lampo, è un effetto della blanda reazione occidentale sulla Georgia nel 2008 e sull’Ucraina nel 2014. Fu una reazione pallida e inesistente, ma comunque sia non mi aspettavo questo genere di attacco. Pensavo che avrebbe replicato la “tecnica Crimea”: riconoscimento dell’indipendenza del Donbass, referendum e annessione. Sarebbe stato problematico ma più gestibile. Ma con la guerra che Putin ha scatenato è difficile attribuire responsabilità della situazione ad altri che non a lui.

Ma questo accerchiamento c’è stato?
I paesi baltici, sono nella Nato da quasi vent’anni, nell’enclave russa di Kaliningrad ci sono missili balistici, e nessuno ha mai sollevato problemi. L’Ucraina con piazza Maidan aveva chiesto a gran voce di avvicinarsi all’Ue, non alla Nato, era una libera determinazione di un popolo

Non mi pare veda attenuanti per le decisioni di Putin, ma nemmeno per chi sostiene che sia colpa della Nato.
Le motivazioni di Putin semplicemente non stanno in piedi. Poi nei salotti dei talk fa comodo una cosa: dare contro a un avversario tutto sommato accettabile come la Nato è sostenibile, difendere Putin è difficile. È un escamotage.

Lei si aspettava che in pochi giorni il sistema autocratico russo potesse avere con questa facilità uno scivolamento verso caratteristiche di un sistema totalitario?
C’erano già tutti i segnali che ci avvertivano. Non li abbiamo voluti vedere. Tanti espatriati russi ci avevano avvertito, siamo rimasti sordi. La situazione era più grave di come la volevamo vedere, ma non vi abbiamo dato peso. E mi ci metto dentro anche io.

Nel suo intervento al Senato la settimana scorsa lei ha lanciato un monito: la grande unità vista in Parlamento potrebbe presto sfaldarsi.
E sono ancora convinta di questo. A Draghi ho detto che tra qualche tempo alcuni partiti cominceranno a dire aiutiamoli ma non così, aiutiamoli ma non colà. È tipico che sull’onda dell’emozione si dia il via, e poi si cominci a fare qualche conto. Bisogna dire ai cittadini che è una guerra alla quale noi, anche se indirettamente, stiamo partecipando, preparare l’opinione pubblica al fatto che questo avrà un costo, l’impatto non sarà zero.

Giuseppe Conte ha chiesto un piano europeo proprio affinché i costi non siano pagati dai cittadini.
E secondo lui chi deve pagare la guerra, l’angelo custode? Ho fatto un appello ai miei colleghi: le guerre le pagano sempre le persone. Questo bisogna dirlo per non ritrovarci impreparati, vedo che si va già nella direzione opposta.

Non possiamo nasconderci che partiti con un ampio consenso popolare, penso alla Lega o ai 5 stelle, abbiano avuto un recente passato, di grande ammirazione per Putin e di vicinanza alle istituzioni russe.
Ed è preoccupante che alcuni siano stati, non so se sono ancora, così vicini al governo russo. Salvini brillantemente diceva che si trovava meglio a Mosca che in Italia. Oggi parla di andare lui direttamente a fare la pace, una boutade che è meglio lasciar perdere. Io proprio di questo parlavo.

Vede il rischio di uno sfaldamento nel prossimo futuro del fronte unitario che sostiene l’Ucraina con sanzioni e armi?
Quando le sanzioni mordono l’opinione pubblica cambia cavallo. E alcuni sono sensibili solo a quello. Noi per esempio con la Russia non abbiamo grande export, più o meno 7 miliardi. Ma sono fondamentali per alcuni distretti. Quando ero ministro del Commercio, l’industria delle calzature, il distretto delle Marche, spediva l’80% produzione in Russia. Non so se è ancora così, ma è un buon esempio. Ecco, tutto questo lo devi gestire. Dire solo no Tav, no Tap, no rigassificatori ci hanno messo in questa posizione. Temo che si verifichi uno schema simile.

Come giudica invece l’approccio europeo sui profughi?
Per la prima volta il Consiglio ha deciso di applicare la direttiva 55 del 2001, un fatto di accoglienza straordinario. Resta di capire se la permanenza in territorio Ue si applichi solo agli ucraini o anche agli stranieri che vivevano. Questo è un problema, ma intanto il passo è stato straordinario.

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  • Luigi Quercetti
    published this page in News 2022-03-07 18:43:46 +0100