Di Alessandro Fusacchia
Domenica le italiane e gli italiani andranno a votare per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento europeo. Spero ci vadano in tanti, perché chi non vota non fa un torto ai politici, lo fa a se stesso, dal momento che non votando sta semplicemente lasciando che sia qualcun altro a decidere anche per lui.
Tanti italiani che vorrebbero votare non potranno farlo. Si tratta di decine e decine di migliaia di connazionali che vivono fuori dai confini dell’Italia.
Anzitutto nei Paesi dell’Unione europea, dove i seggi saranno aperti venerdì e sabato ma non domenica, e dove per esercitare il diritto di voto dovranno recarsi in consolato, quindi in molti casi a decine o addirittura centinaia di chilometri di distanza da dove vivono: su un’isola della Grecia o in una piccola città della Francia, come in Germania, Polonia o in Spagna. È la legge a prevedere che possano votare solo presentandosi di persona al consolato o in locali adibiti per l’occasione.
Per questi stessi italiani non è stato così alle scorse elezioni politiche del marzo 2018, quando hanno potuto votare per corrispondenza. Attenzione: con un sistema di buste e spedizioni postali che io per primo ho fortemente criticato, dal momento che si presta a brogli e pratiche illegali (al punto che, seppure ben consapevole dei rischi e dei limiti della tecnologia, ho proposto un ragionamento sul voto elettronico) ma che comunque ha dato a milioni di italiane e italiani la possibilità di esprimersi e partecipare all’elezione del nostro Parlamento.
Per le europee questo adesso non sarà possibile, ma si sa: le elezioni europee mica contano! Sono una cosetta minore, e chissenefrega se tantissimi italiani non potranno votare! Considerate che in queste ore stiamo ricevendo anche moltissime segnalazioni di disguidi e ritardi vari, con convocazioni mai arrivate e un numero significativo di nostri concittadini che a poche ore dal voto non sanno ancora se riusciranno ad esercitare il loro sacrosanto diritto a partecipare alle elezioni.
La situazione è ancora peggiore per chi vive in Paese extra-Unione europea. Negli Stati Uniti o in Giappone, ad esempio. In Argentina o in Australia. O anche, molto più banalmente, in Svizzera. Questi italiani è matematico che non voteranno, salvo sporadiche eccezioni. Perché per votare la legge prevede che – reggetevi forte! – tornino in Italia! Niente voto per corrispondenza come alle politiche, e nemmeno voto tramite consolati come per gli altri Paesi dell’UE. Nemmeno la serie B per loro. Sono cittadini di serie C!
Tra questi rischiavano di ricadere anche le centinaia di migliaia di nostri concittadini nel Regno Unito, nel momento in cui sembrava che la Brexit sarebbe arrivata prima di queste elezioni europee. Alla Camera avevo fatto un’interrogazione al ministro Salvini ma non si era mosso nulla. Poi per fortuna i britannici si sono incartati, la Brexit è stata rimandata, e alla fine gli italiani a Londra e nel resto del Regno Unito potranno votare per le europee (sempre però andando al consolato, come gli italiani negli altri Paesi UE).
Dulcis in fundo, c’è una questione da tutti trascurata e sempre più rilevante in un mondo dove tanti nostri giovani e diversamente giovani si spostano, per scelta o necessità, a cercare una strada e un po’ di fortuna in un’altra regione, magari lontano da dove sono cresciuti: il voto dei fuori sede. Gli italiani che lavorano, studiano o semplicemente vivono in Italia lontano dal proprio luogo di residenza dovranno pagare una tassa sotto forma di biglietti di treni, voli, traghetti o pedaggi per esercitare il proprio diritto di voto. Si tratta di oltre un milione di cittadini, sistematicamente esclusi dalle votazioni a causa della incapacità e dell’inerzia della classe politica ad aggiornare la normativa elettorale in merito. Questione vecchia, ma che questo Governo si è ben guardato dal risolvere.
Questa situazione ha un impatto enorme sulla qualità della democrazia, specialmente nelle regioni del Sud Italia dove il numero di pendolari a lungo raggio, per ragioni di studio e lavoro, è davvero significativo. Le agevolazioni tariffarie non sono assolutamente sufficienti e io sto senza esitazione dalla parte di associazioni come Iovotofuorisede che chiedono di individuare nuove soluzioni.
Per le elezioni europee (e amministrative) di domenica prossima c’è ormai poco che possiamo fare. Ma sto lavorando ad alcune proposte di legge perché tutti i cittadini siano uguali, niente serie B o serie C: assicurando quindi l’effettivo esercizio del voto agli italiani che vivono fuori dall’Italia o fuori sede. Ci lavorerò con tutte le associazioni e i colleghi di ogni partito sensibili a questo tema e interessati a portare avanti questa battaglia per la democrazia, così da assicurare che queste siano le ultime elezioni a partecipazione monca.