di Simona Viola
+Europa aveva contestato la costituzionalità della disciplina della raccolta delle firme sulle liste elettorali che impone ai partiti privi di gruppi parlamentari alla Camera e al Senato di raccogliere 1.500 sottoscrizioni in ciascun collegio.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 48 del 2021 che puoi leggere qui ha invece affermato la non manifesta irragionevolezza della disciplina alla luce della discrezionalità del legislatore.
Sappiamo che la raccolta delle sottoscrizioni deve dimostrare la “seria consistenza e un minimo di consenso” della lista e serve anche a impedire la proliferazione di liste “civetta” che farebbero disperdere il consenso, ma quando, come nel caso di +Europa, la legge ti chiede di raccogliere in 8 giorni 73.500 firme, ovvero all’incirca il 10 % del consenso elettorale della lista c’è qualcosa che non va …
E allora dispiace che la Corte si sia limitata a riconoscere che “la ristrettezza dei tempi in cui le firme devono essere raccolte può senza dubbio costituire un aggravio (sul quale il legislatore potrebbe opportunamente intervenire)” e non si sia spinta sino a riconoscere che l’elevatissimo numero di firme da raccogliere ha invece natura di vera e propria barriera all’ingresso della competizione elettorale.
E’ inutile che ci si confronti su sistemi elettorali se, a monte, non si rimuove una disciplina illiberale e antidemocratica che permette ai cinque maggiori partiti (M5S, PD, FI, FdI e Lega) di sostanzialmente estromettere dalle elezioni i partiti minori.
Da tempo sosteniamo la condizione di emergenza delle condizioni dello stato di diritto in Italia.
E’ questo uno degli esempi più eclatanti.