Di Alessandro Massari
L’11 giugno i premier dei Paesi di Visegrad, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, riuniti a Lednice per il “V4” hanno espresso iniziale apprezzamento per la proposta della Commissione UE di costituire il recovery fund, nell’ambito del nuovo piano finanziario pluriennale 2021-27 e anticipandone al 2020 qualche elemento (pur in attesa della pronuncia all’unanimità del Consiglio “intergovernativo” europeo).
Hanno però subito precisato che le risorse dovranno essere “distribuite equamente” e che “i Paesi più poveri non dovranno pagare per quelli ricchi”.
L’UE sta realizzando un “salto” politico grazie alla decisione della Commissione di dotarsi di mezzi di mutuo soccorso su base federale, facendo comprendere ai sovranisti di ogni Stato (e di ogni risma) la convenienza del progetto, oltre che la sua virtuosità.
Come sempre, però, chi ha goduto di vantaggi, non solo economici, dall’adesione all’UE, prosegue nel mandare messaggi, magari sottotraccia, comunque miopi e divisivi. E’ questo il caso dei 4 Stati del gruppo di Visegrad.
L’Italia, la Spagna, la Francia, assieme alla Germania sono il motore del mercato comune, e sostenere le economie dei Paesi del Sud Europa, della sponda Mediterranea, conviene a tutti vista l’interconnessione delle economie che oggi più che mai ha bisogno di analoga interconnessione politica. Non si sopravvive (bene) da soli in Europa nel rapporto fra superpotenze mondiali!
“Più Europa” è la soluzione, lo diciamo da tre anni – lo dice Mario Draghi, lo dicono anche Macron e Merkel almeno partendo da maggiori competenze in campo sanitario - ed ora che la cosa è chiara a tutti vediamo tanti politici, nostrani e non, affannarsi per indicare chi e come dovrà usare i fondi comuni europei.
La ricchezza è il risultato di un processo, anche politico. Qui non è in gioco il vantaggio di un Paese sull’altro, è in gioco il ruolo dell’Europa nel terzo millennio. Solo con una Europa più forte dal punto di vista economico, finanziario, sociale e politico potremo affrontare la competizione globale con le dittature capitalistiche, le “democrature” e le democrazie illiberali, avversarie di ogni Stato di diritto e di ogni forma di libero mercato correttamente regolato.
Orban e compagni lo sanno così bene che mandano messaggi minacciosi in vista del prossimo Consiglio europeo pur di non veder realizzata “Più Europa”.