È uscito da pochi giorni nelle edicole e nelle librerie il numero di MICROMEGA http://temi.repubblica.it/micromega-online/micromega-72020-ci-crimini-coloniali-dell-italia-in-africa-presentazione-e-sommario/, la rivista diretta da Paolo Flores d'Arcais, con una revocazione del cinquantenario della Legge Fortuna, che nel 1970 ha istituito il divorzio in Italia.
La rievocazione è affidata a una ricostruzione storica di Giambattista Scirè e ad un confronto fra tre protagonisti dell'epoca: Gianfranco Spadaccia per i radicali e la Lega Italiana per il divorzio, Luciana Castellina, allora dirigente del PCI e Raniero La Valle, che fu poi uno dei protagonisti del movimento dei "cattolici per il NO" (cioè favorevoli alla legge sul divorzio) nel successivo scontro referendario del 1974.
È la prima significativa rievocazione di un avvenimento politico e legislativo che ha profondamente segnato la vita della Repubblica.
La legge Fortuna, oltre ad istituire il divorzio, aprì la strada alla rivoluzione dei diritti civili: dalla riforma del diritto di famiglia, all'obiezione di coscienza al servizio militare, dal voto ai diciottenni, alla chiusura dei manicomi, dalla possibilità dell'interruzione di gravidanza, alla riforma dei codici militari fascisti.
Pubblichiamo alcuni estratti delle parole di Gianfranco Spadaccia, ex segretario e parlamentare radicale e già Presidente di +Europa.
La posizione del PCI era che la legge sul divorzio non restasse isolata, ma fosse inserita in una riforma generale del sistema familiare. Noi, con Pannella, Fortuna e Mellini obiettammo che bisognava partire dal punto cruciale dello scontro con i cattolici sul diritto di famiglia, perché solo battendoli sul punto centrale, che era la questione del divorzio, avremmo ottenuto la riforma complessiva del sistema… non cercando un compromesso unanimistico con i cattolici. Per conseguirla occorreva passare attraverso lo scontro ideale e politico dell’indissolubilità del matrimonio. E in effetti è quanto poi si verificò.
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Non credo che l’articolo 7 della Costituzione (sul Concordato tra Stato e Chiesa ndr) sia stata la causa dell’atteggiamento della Chiesa e dello Stato rispetto al divorzio. Neppure la cosiddetta rivoluzione liberale successiva il processo dell’Unità d’Italia aveva prodotto del resto alcuna legge sul divorzio: la borghesia italiana negli anni dell’Unità d’Italia non ha mai toccato questo argomento nevralgico… Io credo che negli anni 60 sia avvenuta in Italia una profonda trasformazione sociale. Cambiamenti che altri paesi hanno affrontato e realizzato nel corso di uno o due secoli e che non sono solo sociali, ma anche antropologici. Pensiamo che significato può avere avuto per un contadino meridionale, dopo secoli di immobilità, trasferirsi nelle periferie urbane e diventare operaio. Cambia tutto, cambia la vita. Questa trasformazione operò anche un profondo sconvolgimento all’interno delle famiglie.
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Tante volte veniamo accusati di anticlericalismo, peraltro oggi evocato positivamente perfino da Papa Francesco, ma in ogni caso ciò non va scambiato con una manifestazione di antireligiosità o di negazione della religiosità, che non appartiene sicuramente alla tradizione radicale, soprattutto alla tradizione di Marco Pannella e di alcuni altri fra di noi. Basti ricordare l’attenzione ai problemi della religiosità che ha sempre mostrato Angiolo Bandinelli.