di Valerio Federico
La sanità calabrese è tornata di interesse nazionale per via dell’evidente mancato governo della pandemia che ha portato la regione a essere proclamata zona rossa.
Il generale Cotticelli ha dichiarato di aver progettato la riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale in funzione dell’emergenza Covid, cosa che risulta dal Decreto del Commissario ad Acta 91/2020.
La riorganizzazione è rimasta però sulla carta, anche perché al decreto non ha fatto seguito la corresponsione dei fondi. Ciò che doveva accompagnare questa riorganizzazione, il cosiddetto Piano Covid, non è stato elaborato e attivato in modo organico nei suoi vari aspetti procedurali di gestione della pandemia, tamponi, percorsi intra ed extraospedalieri, presa in carico dei pazienti etc., la regione si è limitata a singole ordinanze prive di un disegno complessivo.
La Calabria è rimasta dunque con un piano Covid allo stato embrionale e tale carenza si è drammaticamente rivelata nel momento in cui è ripresa la pandemia.
Chi avrebbe dovuto completare il piano Covid?
Cotticelli pone, a riguardo, un quesito al Ministero della Salute in giugno e non riceve risposta fino a fine ottobre.
Posto che Cotticelli non si cura di sollecitarne una risposta è necessario, a questo punto, evidenziare che la Protezione Civile aveva delegato ad inizio pandemia - prima della richiesta di Cotticelli a Speranza - la gestione Covid al Presidente della Regione Calabria, all’epoca Iole Santelli, la quale a sua volta aveva delegato Antonio Belcastro quale dirigente responsabile.
Pertanto esiste un “delegato del soggetto attuatore”, della Regione, dall’11 giugno 2020 a mettere mano al piano Covid e perfezionarlo (ordinanza n.50 del presidente della Giunta regionale). Ma di piano Covid non c’è traccia, eppure il Presidente facente funzioni della Regione Calabria Antonino Spirlì ha dichiarato che la Regione Calabria “ha fatto tutto il possibile”.
Inoltre, il delegato Belcastro in una recente intervista al Corriere della Calabria, si è spinto a dire che le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere non avrebbero speso la metà circa dei fondi destinati al Covid.
Tuttavia, non risulta che i fondi Covid destinati alle assunzioni del personale siano stati trasferiti, nei mesi scorsi, dalla Regione alle Aziende sanitarie e ospedaliere: esse sono state autorizzate ad effettuare spese per il personale Covid, peraltro in misura del tutto insufficiente rispetto alle reali necessità di assistenza e senza che i fondi stessi siano mai stati accreditati nelle casse delle aziende. Pertanto, le stesse sono state costrette ad effettuare le assunzioni Covid con il contagocce, ricorrendo ove necessario anche a fondi caricati sulla corrente spesa del personale, già coartata dai vincoli imposti dal Piano di rientro, rendendo arduo riorganizzare i servizi prima della seconda ondata dei contagi .
Le aziende sanitarie ed ospedaliere per diversi mesi non hanno potuto organizzare in modo efficace la rete dei servizi per contrastare il Covid poichè la regione Calabria non le ha messe nelle condizioni di farlo e solo da pochi giorni, a pandemia già galoppante, è arrivata una parziale liberatoria sull’utilizzo di ulteriori fondi Covid per assumere il personale.
Sarebbe opportuno, a riguardo, avere un riscontro dai Commissari delle Aziende sanitarie ed ospedaliere, relativamente alle accuse del Dott. Belcastro di aver speso solo in parte quei fondi che, in realtà, non sono mai stati nella loro disponibilità, in quanto mai trasferiti nelle casse delle aziende.
Tale disamina conferma quanto emerso in modo eclatante con le performance televisive del generale Cotticelli, ovvero una Regione priva di guida in ambito di emergenza Covid, nella quale la sovrapposizione di ruoli, creatasi a seguito del commissariamento della sanità, è stata anche un utile strumento per eludere le responsabilità. In tale gioco chi ne ha lasciato per primo le penne è stato proprio il generale con la sua un’po' patetica, vera o apparente, ingenuità.
Tuttavia, se la Calabria si ritrova zona rossa per il mancato adeguamento dei servizi sanitari non è certamente l’unico colpevole: il cerchio delle responsabilità è ben più ampio.
Risolvere i problemi della Calabria significa in primis evitare di prevedere nei ruoli di responsabilità coloro che tali problemi hanno collaborato a crearli, significa slegare alcune nomiche dalle indicazioni dei Partiti.
La Calabria, per uscirne, dovrà liberarsi della zavorra di politici inadeguati ma anche di burocrati improduttivi che continuano a riciclarsi in un sottobosco di malgoverno, riserva di caccia della criminalità organizzata, che soffoca qualunque prospettiva di emancipazione e sviluppo.