di Francesco Cima Vivarelli
Il decreto milleproroghe esaminato nel Consiglio dei Ministri del 23 dicembre ha disposto un ulteriore blocco dell’esecuzione degli sfratti, questa volta sino al 30 giugno 2021. È bene ricordare che un primo blocco venne disposto in primavera e che tale scadenza venne prorogata già una prima volta al 31 dicembre 2020.
Con il blocco contenuto nel milleproroghe i mesi di blocco degli sfratti diventeranno in tutto 16.
Ciò che è grave è che il blocco degli sfratti non distingue in nessun modo le ragioni della morosità degli inquilini, non facendo alcuna differenziazione tra situazioni di morosità maturate in epoca anteriore all’emergenza pandemica e quelle venute a maturare successivamente anche a causa di essa. Tanto meno è previsto alcun tipo di vincolo che permetta di distinguere situazioni di effettivo disagio sociale causate dall’emergenza Covid-19 (per esempio perdita del posto di lavoro o dimostrabile riduzione delle entrate) da altre magari dettate dalla semplice volontà di voler approfittare della situazione.
Il blocco ha colpito anche l’esecuzione dei decreti di trasferimento degli immobili acquistati alle aste giudiziarie: in pratica vi saranno dei privati acquirenti che dopo aver già acquistato e pagato un immobile non potranno goderne perché il debitore espropriato potrà tranquillamente restare nell’abitazione sino al 30 giugno 2021.
Data, peraltro, del tutto teorica. Infatti, come è noto, dal 30 giugno potranno riprendere le esecuzioni (sempre che non vengano disposte ulteriori proroghe) ma per l’effettiva liberazione dell’immobile ci vorranno sicuramente altri mesi.
Il tutto senza che sia mai stato previsto alcun “ristoro” in favore dei proprietari di immobili, che nella nostra realtà sociale sono spesso piccoli privati risparmiatori, che già non hanno percepito i canoni e che vengono in tal modo gravati forzatamente di obblighi di solidarietà sociale che non competono loro ma semmai allo Stato.