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20 anni di legge 40: cosa c'è ancora da cambiare

Di Desideria Mini

Oggi sono passati esattamente 20 anni dalla promulgazione della legge 40/2004 che regolamenta la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) in Italia. Come avevo già avuto modo di spiegare in altri articoli sul nostro sito si trattava di una legge che, in realtà, aveva lo scopo di impedire sia l'accesso alle tecniche di PMA, per chi ne necessita per avere figli, che la libera ricerca scientifica.

I test genetici preimpianto sull’embrione

Nel tempo alcune restrizioni della legge 40 sono state rimosse dalla Corte Costituzionale. Una di queste riguarda il trasferimento in utero dei soli embrioni non affetti da patologie ereditarie a seguito dei test genetici preimpianto (PGT). La Corte Costituzionale ha riammesso tale procedura ma solo nei limiti della tutela della gestante. L'aspetto medico per la PGT, in realtà, riguarda più indicazioni: coppie portatrici di malattie genetiche o di anomalie cromosomiche strutturali o del numero di copie, in entrambi i casi con il rischio di trasmissibilità ai figli; coppie in cui la donna ha oltre 35 anni (e che non ha effettuato una criocoservazione di ovociti in età più giovane), e dunque ad alto rischio di ottenere un’elevata percentuale di embrioni con un numero anomalo di cromosomi (aneuploidie), e quindi di aborto spontaneo o di trasmissibilità ai figli; ripetuti fallimenti di impianto (coppie che hanno avuto un fallimento in 3 o più cicli di trattamento FIVET/ICSI); abortività ricorrente non dovuta a fattori meccanici o a fattori patologici non genetici; presenza di un figlio che necessita di trapianto di cellule staminali ematopoietiche da placenta o cordone ombelicale. Dunque la PGT non riguarda solo la tutela della donna ma anche la possibilità di diventare genitori e soprattutto la salute dei figli.

L'ingiusta assenza dei test genetici preimpianto nei Livelli Essenziali di Assistenza

Il 1 Aprile di quest'anno entrerà in vigore il nomenclatore tariffario dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nazionali, cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota ridotta di partecipazione (ticket). Nel nuovo tariffario sono incluse quasi tutte le fasi e procedure del percorso di PMA ma è di inizio gennaio la notizia che anche questa volta il Ministero della Salute ha deciso di escludere la PGT dai LEA nazionali. Attualmente la PGT è normata, tramite LEA regionali, con appositi percorsi gratis o con costi di alcune centinaia di euro di ticket, solo in Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sardegna. I residenti delle altre Regioni e Province, invece, devono pagare in proprio parecchie migliaia di euro per accedere alla PGT. Questo significa che, anche quest'anno, la maggior parte delle coppie italiane che non possono permettersi economicamente questa tecnica non potranno usufruirne. Si tratta, in ogni caso, di una grave ed iniqua disparità di trattamento sanitario.

Sono ormai diversi anni che sia gli operatori del settore della PMA che i genetisti chiedono l'introduzione della PGT nei LEA nazionali. Inoltre l'anno scorso presso il Ministero della Salute si era tenuto un tavolo tecnico con specialisti della Società Italiana di Embriologia, Riproduzione e Ricerca (SIERR) e della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU). Tale tavolo aveva concordato le diciture e i costi per inserire la PGT nel nuovo nomenclatore tariffario ma ancora una volta ciò non è avvenuto.

L’assurdo limite della legge 40 alla selezione degli embrioni

Questa scellerata scelta del Ministero della Salute di questo Governo di centro-destra di non inserire la PGT nei LEA va di pari passo con quella parlamentare di non voler modificare la legge 40/2004 per rendere la PGT uno strumento di prevenzione delle malattie ereditarie.

Infatti, un errore che fu fatto dal fronte che si oppose alla legge 40 e che la portò davanti alla Corte Costituzionale fu di presentare tale pratica medica “solo” come un mezzo per evitare un pericolo per la salute psichica o fisica della gestante e l'aborto. Con le sentenze 96/2015 e 229/2015 la Corte Costituzionale deliberò che, a tal fine, la selezione degli embrioni dovesse tornare accessibile e dunque lecita per le coppie che ne necessitano. Non si può però non ammettere che il pericolo per la salute della donna si potrebbe evitare semplicemente non cercando una gravidanza, a meno di non immaginare ripetute gravidanze e aborti, motivando i secondi con rischi psichici della donna, in attesa del feto sano. In realtà il vero motivo per cui chi vuole diventare genitore chiede di trasferire in utero solo embrioni non affetti è evitare una malattia ai propri figli, specie se grave, e ciò solo perché vuole assicurargli il meglio.

Non sto parlando del "diritto ad avere un figlio sano" perché i genitori amano i figli comunque nascano, sani o malati che siano.

Non sto nemmeno criticando la possibilità della donna di abortire perché è giusto che, specie nei casi in cui il proseguimento della gravidanza comporti un grave pericolo per la sua vita o la sua salute psichica o fisica, l'interruzione volontaria di gravidanza sia praticabile, come prevede la legge 194/1978.

La selezione degli embrioni in vitro e l’aborto avvengono in stadi diversi di sviluppo dell’organismo, hanno effetti diversi e dovrebbero avere scopi diversi. La PGT viene eseguita entro il 6° giorno dopo la fecondazione, quindi molto prima del 21° giorno, quando inizia la neurulazione, la formazione del sistema nervoso, mentre quando l’aborto viene praticato il sistema nervoso centrale del nuovo organismo è già in parte sviluppato. Tuttavia l’interruzione volontaria di gravidanza è giustificata perché ha lo scopo di salvaguardare la donna (e non di disfarsi del feto). In ogni caso, la legge italiana stabilisce che quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto l’aborto possa essere praticato solo in caso di pericolo di vita per la donna e che il medico che esegue l’intervento debba adottare ogni misura idonea a salvagurdare la vita del feto. Ciò permette di salvare “capra e cavoli”. L’effetto diverso tra aborto e PGT è che con l’aborto non nasce nessun bambino, tranne nel suddetto caso di possibile vita autonoma del feto, mentre con la PGT, se l’embrione non affetto trasferito in utero vi attecchisce e la gravidanza prosegue, nasce un bambino e pure “sano”. Complessivamente la PGT riduce anche la trasmissione della patologia ai discendenti dei bambini nati con questa tecnica.

Insomma, il vero scopo della PGT dovrebbe riguardare il diritto alla salute anche per le future generazioni, ed è questo ciò di cui sto parlando. È in questo senso che si sarebbe dovuto e si dovrebbe porre il tema della PGT nei casi di rischio di trasmissione di patologie ereditarie. Se si affermasse e chiarisse questo concetto verrebbe meno l'ostilità nei confronti di questa tecnica, anche per quanto riguarda il suo inserimento nei LEA.

Rischi e opportunità per le generazioni future

La questione delle finalità di trasferire in utero soli embrioni non affetti può apparire una disquisizione bioetica meramente accademica dato che, o che si faccia per evitare un pericolo per la gestante e l'aborto o per tutelare la salute dei figli, l'effetto è sempre quello di prevenire le malattie ereditarie. In realtà non è proprio così. Quando molte malattie ereditarie diverranno curabili, sicuramente l'aborto per tutelare la donna da un pericolo per la sua salute psichica o fisica non sarà più invocabile, per cui, con l'attuale impostazione della legge, anche il traferimento in utero dei soli embrioni non affetti non sarà più ammessa. Tuttavia, con l'avvento delle terapie geniche somatiche il successo riproduttivo (fitness) dei pazienti non sarà più annullato o ridotto dal filtro della selezione naturale, dunque le mutazioni dannose si trasmetteranno ai discendenti molto più di quanto avveniva in precedenza. Poiché gli eventi mutageni dannosi sono più frequenti di quelli vantaggiosi, tale trasmissione potrebbe portare a un aumento dell'incidenza delle malattie ereditarie nell'arco delle generazioni incrementando anche la necessità di utilizzo delle stesse terapie somatiche che indirettamente ne determinano la diffusione. Ovviamente il problema non si risolve proibendo ai pazienti di fare figli, cosa che sarebbe una gravissima violazione dei diritti umani. La questione, invece, va affrontata permettendo a chi vuole diventare genitore di ricorrere liberamente a tecniche di procreazione medicalmente assistita sicure ed efficaci, come la selezione degli embrioni tramite PGT, a scopi preventivi diretti a tutelare la salute delle future generazioni, indipendentemente dalla curabilità o meno della malattia ereditaria in questione. Ciò terrebbe basso il carico di mutazioni dannose nella linea germinale della popolazione.

Se poi si permettesse ai potenziali genitori di ottenere, quando possibile, anche il solo o prioritario trasferimento in utero degli embrioni non portatori per tutelare anche i nipoti, l'incidenza della malattia potrebbe anche diminuire e non sarebbe nemmeno necessario ripetere la procedura ad ogni generazione familiare.

Avendo oggi alcune tecniche capaci di mettere al mondo solo futuri individui “sani” perché non lasciare le persone libere di scegliere se usarle a tal fine?

L'accusa di eugenetica torna al mittente

A volte quando esprimo questi concetti mi è stato obiettato che c’è il pericolo dell'eugenetica, in alcuni casi anche con delle feroci accuse. Ma cosa è l'eugenetica? Non c'è accordo preciso sul significato di questo termine. Ognuno, a seconda della corrente di pensiero, ne dà la definizione che più gli fa comodo. Pertanto io mi attengo alla definizione scientifica: l’eugenetica è il miglioramento genetico della specie umana. In base a questa definizione, effettivamente, la prevenzione delle malattie ereditarie sarebbe una forma di eugenetica. Il problema qui non sta nel fine ma nel mezzo utilizzato.

Oggi nessuno vuole eliminare le persone in quanto malate o disabili o sulla base di caratteristiche vere o presunte. Nei centri di PMA nessuno viene deportato o ucciso. Le procedure di PMA non hanno nulla a che vedere con i crimini nazisti.

Come detto la PGT viene eseguita prima dell’inizio della neurulazione, pertanto si è certi che selezionare gli embrioni non è selezionare le persone. (Il sistema nervoso centrale è la sede della mente e se la persona muore con la morte della neocorteccia e del tronco encefalico la vita di una persona non può iniziare senza che l’encefalo si sta formato almeno in parte.)

Secondo una corrente di pensiero molto restrittiva, però, migliorare la specie umana sarebbe sempre sbagliato a prescindere dal mezzo utilizzato, anche quanto il fine è la salute. Su questo non sono d'accordo e ritengo, invece, che tramite il solo utilizzo di tecniche di PMA, l'Umanità abbia il diritto di compiere alcune scelte sulla propria Evoluzione purché entro certi limiti bioetici e che fra questi rientri certamente l’intervento trasmissibile contro le malattie ereditarie che la affliggono.

Un’altra paura riguarda l’eventuale trasferimento in utero degli embrioni in base all’etnia. A parte il fatto che una tale pratica non costituirebbe un miglioramento della specie umana, in quanto non esiste nessuna etnia superiore, vi sono forti argomenti per ritenere che ciò non possa accadere. In primo luogo, con la semplice fecondazione non è possibile ottenere embrioni con alleli diversi da quelli dei genitori biologici e quindi non è possibile selezionarne altri. In secondo luogo, anche limitandosi agli alleli dei genitori biologici, occorrerebbe selezionarne troppi per poter stabilire una certa “direzione” etnica. Infatti per avere buone chance di trovare un embrione con le caratteristiche volute occorrere produrne tantissimi ma ciò non è possibile. In terzo luogo, attualmente, nessuno propone di utilizzare la PGT per determinare i caratteri etnici dei bambini. Ma soprattutto chi vuole un figlio, in genere, preferisce che gli assomigli e per questo non c'è bisogno di nessun intervento sugli embrioni ma basta la procreazione naturale, quindi non c'è una richiesta sociale di scegliere colore di occhi, capelli o pelle dei propri figli tramite la PGT. In ogni caso, basterebbe mantenere vietato l’utilizzo della tecnica a scopi etnici, senza bisogno di proibirne anche quelli medici.

Dunque gli allarmi lanciati in passato da alcuni politici soprattutto di centro-destra sull’utilizzo razziale della PGT non sono fondati. Piuttosto sono più preoccupanti le politiche discriminatorie e i discorsi d’odio nei confronti dei migranti e delle persone LGBT provenienti dalla stessa area politica perché è da quel tipo di humus che, semmai, può venire un rigurgito di ideologie etniche o razziali.

Test genetici preimpianto anche a fine terapeutico

Sarebbe bene permettere l'accesso alla PGT anche per tipizzare l'antigene leucocitario umano degli embrioni pure in assenza di una specifica malattia familiare. Ciò al fine di trapianto di cellule staminali ematopoietiche da placenta o cordone ombelicale in figli minori con patologia ematopoietica, qualora non vi sia un donatore compatibile di midollo osseo e qualora i genitori desiderino davvero un ulteriore figlio.

Ai fini preventivi e terapeutici non è dunque sufficiente introdurre la PGT nei LEA ma occorre anche intervenire sulla legge 40.

Vi sono poi varie altre questioni rimaste aperte ma per brevità ne citerò rapidamente solo tre.

Il discriminatorio divieto di accesso per single e coppie dello stesso sesso

Sul divieto di accesso alla PMA per la coppie dello stesso sesso e le persone single la questione è semplice quanto breve. Dietro l’introduzione e il mantenimento di questo divieto vi è solo il pregiudizio nei confronti di situazioni sociali e sentimentali differenti dalla coppia di sesso diverso. Da ciò la volontà di imporre a tutti un unico modello di famiglia. Essendo ormai dimostrato che non è la differenza di sesso a rendere buoni genitori e che i bambini possono crescere ed essere educati e protetti nelle famiglie mono o omo-genitoriali altrettanto bene che in quelle etero-genitoriali, questo divieto di accesso costituisce una discriminazione, pertanto deve essere rimosso.

Il nodo gestazione per altri

Per quanto concerne la gestazione per altri (GPA), la recente decisione del Parlamento di vietarla anche quando svolta all'estero, indipendentemente da come è stata effettuata, è gravissima.

Già la norma che vieta la GPA è problematica sia perché non individua chiaramente il bene giuridico tutelato e che sarebbe offeso dalla condotta perseguita dalla legge sia perché porta all'allontanamento del minore nato da GPA dai genitori condannati al carcere. L’aver reso la GPA anche reato “universale” rende la norma pure difficilmente applicabile quando la pratica fosse effettuata in un altro paese. Infatti è opinione dominante e recepita dalla giurisprudenza che la condotta avvenuta in territorio estero debba costituire reato anche per la legislazione di detto stato affinché la sanzione possa essere irrogata. È il principio della doppia incriminazione. Nel caso della GPA si tratta di condotte che avvengono in alcuni paesi che non solo le consentono ma addirittura le regolano e le disciplinano. Insomma, un vero pasticcio giuridico all’italiana.

In alcuni Stati del Canada e nello Stato di New York degli Stati Uniti non è possibile ricevere un compenso economico per la presentazione di GPA ma solo un rimborso. In tali paesi, ci si creda o no, vi sono numerose donne che desiderano solo aiutare chi non può portare avanti una gravidanza per conto proprio.

Non si capisce perché i cittadini italiani che all’estero o, perché no, in Italia ricorressero alla GPA a queste condizioni debbano essere perseguiti dalla legge italiana. Infatti, se da una parte si deve certamente condannare l'eventuale sfruttamento di donne bisognose, dall'altra non ha senso vietare la GPA quando la gestante non è in condizioni disagiate e si offre volontariamente.

Tra l’altro il divieto non considera che la gestante potrebbe anche essere una familiare, una parente o un'amica. In tal caso parlare di violazione dei diritti della donna ha ancora meno senso.

Purtroppo la Camera dei Deputati ha bocciando, invece, la proposta di legge sulla GPA solidale e altruistica depositata dal nostro Deputato e Segretario Riccardo Magi. Si trattava di un testo che avrebbe fornito una regolamentazione chiara e ben articolata senza lasciare nulla al caso e che avrebbe tutelato tutte le parti coinvolte, a partire dalla gestante e dal nato. La proposta non prevedeva un compenso economico ma solo il rimborso delle spese sostenute dalla gestante per la gravidanza e i relativi controlli. Il testo depositato da Riccardo Magi era frutto di una lunga e meditata elaborazione di esperti dell'Associazione Luca Coscioni, di CGIL Nuovi Diritti, dell'Associazione Radicale Certi Diritti e dell'Associazione Famiglie Arcobaleno, dunque non era l’azzardo estemporaneo del primo arrivato.

La ricerca tradita

Infine è ancora in vigore la proibizione di compiere esperimenti scientifici sugli embrioni umani. Poiché, come detto, la neurulazione inizia il 21° giorno dopo la fecondazione, non ci sarebbe un valido motivo per vietare le ricerche prima di tale momento, soprattutto se queste possono portare a grandi benefici per la salute delle persone. Il divieto in vigore impedisce sia di estrarre cellule staminali embrionali per possibili terapie che esperimenti di base di editing del genoma per correggere le mutazioni dannose nella linea germinale. Nel primo caso sta già avvenendo per la cura del Parkinson e della Maculopatia Retinica (in altri paesi) mentre il secondo tipo di ricerca, in futuro, potrebbe permettere di prevenire le malattie ereditarie meglio di quanto può essere fatto con la PGT, sebbene si tratti di una prospettiva ancora lontana.

Dunque ci sono ancora delle importanti riforme da apportare alla legge 40. Ci daremo da fare.

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2024-02-19 12:18:54 +0100