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Votare cinque sì al referendum giustizia significa non rassegnarsi alla malagiustizia

Intervista di Benedetto Della Vedova a Il Tempo

Sottosegretario Della Vedova, perché votare sì ai cinque quesiti referendari sulla giustizia in programma il prossimo 12 giugno?

Perché sono una grande occasione per avere finalmente una giustizia più giusta e liberale. Una giustizia al servizio del paese, delle imprese, dei cittadini e rispettosa dei principi costituzionali. E’ un’occasione che aspettiamo da anni e che difficilmente avremo di nuovo.

Sui referendum continua ancora il silenzio. Quasi nessuno ne parla A chi fanno paura i quesiti?

E’ evidente che una parte della politica, e non solo, sta cercando di sterilizzare questi referendum. Tutti i partiti che non sono in grado di prendere una posizione puntano sull’astensione. Ma questo è un atteggiamento poco responsabile e poco democratico. Il PD ha dato indicazione di votare no: un invito all’astensione, praticamente. Lo ha fatto per tentare di salvaguardare l’alleanza strategica con i giustizialisti del M5S e di Bonafede. Un’occasione persa per il Pd di Letta, che ha mantenuto la barra dritta sul conflitto in Ucraina, ma sbanda sulle riforme da fare in Italia, prima tra tutte le giustizia. La Lega dal canto suo ha il merito di averli promossi, ma che ora sono spariti: non ne stanno facendo una priorità. Il Salvini garantista è durato poco, temo, si torna al Salvini garantista per se stesso e per gli amici ma manettaro per gli altri, in particolare per gli stranieri.

Chi si oppone ai quesiti referendari lo fa anche sulla base della considerazione che a metà giugno il Senato si occuperà comunque della riforma Cartabia. Che cosa ne pensa del testo della guardasigilli?

Penso che la ministra Cartabia abbia fatto un ottimo lavoro e vista la conflittualità dell’attuale maggioranza era impossibile fare di meglio. La riforma è buona ma i quesiti sono più incisivi: per noi i referendum non sono in contrapposizione con la riforma che +Europa ha votato alla Camera e voterà al Senato. Anzi, i referendum sono un’opportunità per migliorarla, per completarla e per andare più affondo nelle riforme. Con i referendum abbiamo la possibilità di fare quello che a livello politico era impossibile, e comunque possono essere uno sprone al parlamento.

Se il quorum non dovesse essere raggiunto, quale sarebbe la lezione da trarre?

Votare o no è una scelta, naturalmente. Il punto è che che in questo caso tantissime persone non votano perché non sanno che ci sono i referendum o perché non c’è una vera discussione sul contenuto; di referendum ad esempio si parla poco o niente in Tv. I partiti dovrebbero sempre confrontarsi sul merito delle questioni, non fuggire da esse. E non è vero che il tema è troppo tecnico e non interessa i cittadini. La giustizia è un tema che tocca tutti noi, i nostri diritti e la nostra economia: una giustizia giusta è il fondamento della democrazia liberale

Vuole lanciare un appello agli elettori affinché si rechino alle une?

Il referendum è un’occasione importante per intervenire sulle storture del sistema giudiziario italiano. Un sistema oggi condizionato dal correntismo della magistratura, da lentezze burocratiche, dalla spettacolarizzazione delle indagini, dove un innocente ogni otto ore finisce in carcere, come ben ha sottolineato l’Unione delle Camere Penali. Votare sì il prossimo 12 giugno non risolverà certamente tutti questi problemi ma farà fare al sistema giudiziario italiano un grande salto in avanti verso una giustizia più giusta, equa e liberale. Chi vota non vuole rassegnarsi.

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-06-01 17:12:48 +0200