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Una politica energetica per una generazione avanti

Di Davide Sguazzardo e David Garzella 

“Una politica energetica per una generazione avanti”. È questo il titolo della mozione presentata un anno fa in Assemblea e accolta dal Segretario, nella quale si esprimeva pieno sostegno alla Tassonomia europea sulle attività sostenibili e finanziabili, estesa alla produzione di energia elettrica da fonti nucleari. La mozione impegnava altresì gli organi di +Europa a promuovere, anche nei confronti delle istituzioni, delle iniziative di approfondimento e confronto che considerassero la possibilità di avviare anche in Italia una diversificazione delle fonti energetiche. Infine, nella mozione si affermava come questa diversificazione dovesse declinarsi intorno ad un programma basato sulla ricerca, sviluppo (R&S) e produzione da fonti nucleari, anche di terza generazione avanzata, e uno basato sulla produzione da eolico a mare aperto (offshore).

In quei giorni, dal momento che Putin aveva occupato l'Ucraina, ci siamo “fatalmente” accorti di avere una dipendenza energetica dai combustibili fossili, costruitasi nei decenni, dove chiaramente avevamo abbandonato ogni ambizione di politica energetica. In questo contesto l'Assemblea di Più Europa chiedeva una diversificazione nella produzione di elettricità, con un mix di fonti a basse emissioni.

La situazione in Europa della decarbonizzazione

Attualmente, a causa di una politica energetica poco lungimirante, la Germania sta mostrando i suoi limiti ed è diventata l'esempio da non seguire. Ne è una prova la persistente dipendenza da carbone e gas dopo un decennio di forti investimenti in rinnovabili, ma senza pensare a bilanciarne la discontinuità di produzione, e la conseguente chiusura dei reattori a fissione, che sono invece una garanzia di elettricità continua per il carico base (baseload). L'ex cancelliere Schröder, fino ad agosto 2022 membro del consiglio di amministrazione della multinazionale Gazprom, garante dei gasdotti per importare gas russo, fu l’autore del programma “Energiewende”, che con una spesa decennale di oltre 500 miliardi in rinnovabili, NON è comunque stato capace di rendere la produzione elettrica tedesca indipendente dai carbon fossili. La Germania è tra i primi paesi europei per emissioni di carbonio per KWh di elettricità prodotta, è il paese che amplia le miniere di carbone per coprire il fabbisogno energetico (l'ampliamento della miniera di Garzweiler serve, quasi fosse una fatalità, a generare la stessa energia che viene a mancare con la chiusura degli ultimi reattori a fissione).

 Come mai non sono bastati 130 GW di eolico e fotovoltaico installati in Germania (mentre in Italia ne abbiamo installati 32GW)?

 Perchè la potenza installata è cosa diversa dalla produzione (per queste fonti la produzione oraria varia in Germania da 1 GWh a 50 GWh), che nel caso tedesco deve seguire un fabbisogno compreso fra i 40 e gli 80 GWh. Le fonti rinnovabili discontinue non producono in base al fabbisogno, richiedendo quindi necessariamente un back-up di fonti immediatamente accessibili a domanda (quali gas e carbone), non esistendo batterie che consentano accumulo su una scala equivalente all’intera rete per più ore.

Paesi europei come Italia e Germania mancheranno l’obbiettivo  per il 2050 della neutralità delle emissioni di CO2, se continueranno a essere sprovvisti di una programmazione energetica efficace, nella quale si individuino, tra le fonti low- carbon, quali e quante fonti aleatorie servano e quali e quante fonti per la parte fissa del fabbisogno.

 Una politica energetica si fa installando subito rinnovabili e programmando allo stesso tempo reattori a fissione a medio termine che possano essere allacciati alla rete a partire dagli anni 30.

Non facendo ciò, per sostituire il gas russo dovremo continuare ad importare altro gas e riavviare qualche centrale a carbone per la produzione di energia elettrica ancora più “sporca” del gas: è necessario sottolineare che ogni kWh prodotto con il gas emette mediamente in atmosfera 490 grammi di CO2 equivalente, con il carbone questo numero sale a 820 grammi, e per quest'ultimo si usano bruciatori sempre accesi per poter andare in produzione elettrica quando necessario.

 Abbiamo il dovere di mettere a terra un programma di investimenti decennali per uno sviluppo energetico sostenibile da lasciare, questo sì, alle prossime generazioni.

 Quelle che auspichiamo sono soluzioni complesse, che hanno bisogno di una politica che guardi oltre la prossima elezione, per un Paese che investa sulla complessità senza la paura del sondaggio, un Paese dove si protegge l'ambiente grazie all'ingegno.

Negli ultimi dieci anni non è stata fatta una politica energetica. Cosa stiamo facendo per non essere messi altrettanto male tra altri dieci anni?

Quando sentiamo: “Per costruire una centrale nucleare ci vogliono più di dieci anni” (il tempo medio di costruzione di una centrale è di 7,5 anni) ci chiediamo chi abbia soluzioni in linea con la neutralità climatica al 2050, con tempi che non siano almeno a dieci anni. Ci vogliono forse più di 10 anni per costruire il primo reattore, ma per i successivi diventano immediatamente meno, per l'effetto scala tipico di ogni processo industriale.

Non è più necessario far prove come Olkiluoto o Flamanvillle, ora che anche l'EPR ha passato l'industrializzazione. È dunque possibile, e immediato, far partire una serie di reattori come si è fatto negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone, in Corea, come si sta facendo in Cina e India, e come è stato fatto in Francia tra 1975 e 1990, quando sono stati allacciati in 15 anni oltre 40 reattori, e questi hanno ancora davanti a loro fra i 10 e i 20 anni prima di essere revisionati, per poi proseguire per altri 20 anni di funzionamento a lungo termine (LTO) a costi imbattibili.

Le mezze verità sul nucleare francese; davvero EdF e il sistema francese sono in crisi?

Assistiamo ad affermazioni sul sistema francese decontestualizzate e lapidarie. Nel 2022 in Francia c’è stato un abbassamento generale della produzione di energia elettrica, e non solo da reattori nucleari. Diminuzione del 15% (non del 30 %), passando da 522 TWh nel 2021 a 445 TWh nel 2022. La produzione da nucleare è calata del 23% nel 2022 rispetto al 2021. La produzione di energia idroelettrica è diminuita del 20%, a causa della siccità. Ma le due perdite sono congiunturali, non collegate fra loro.

Inoltre le manutenzioni ordinarie e straordinarie hanno permesso di far ripartire la produzione di energia da nucleare nel 2023, assicurando quindi il perfetto funzionamento per i prossimi 10 anni.

Oggi EdF è un'azienda con quasi 60 reattori di proprietà in gestione in Francia e vende 300 TWh/anno ad un prezzo di 100 €/MWh. Si tratta quindi di 30 miliardi all'anno di flusso solo dalla vendita di elettricità nucleare in patria (100 TWh sono venduti a 42€ secondo la tariffa calmierata (ARENH) imposta dal governo, ma il resto della produzione è venduto a più di 100€). Nel 2022 EdF, se non ci fosse la limitazione data da ARENH, avrebbe utili per 14 miliardi, che si trasformano in perdite per 18 miliardi solo perché, in quanto azienda pubblica, essa viene usata dal governo per vendere energia a prezzo calmierato agli altri distributori, e tenere costi dell'energia bassi nella totalità del mercato dei distributori interni.

Per far un paragone, il governo italiano l'anno scorso ha speso 60 miliardi in aiuti ma Confindustria ha sentito lo stesso il confronto impari del sistema industriale francese, che grazie al sistema ARENH e contratti di fornitura PPA dell’energia a medio e lungo termine, ha potuto fronteggiare le instabilità del prezzo di mercato e tenersene distante. Altro che modello francese in difficoltà!

Quanto costa l’energia prodotta con i reattori di terza generazione come quello allacciato nel 2022 in Finlandia?

Il costo comparato della produzione di energia elettrica (tutto compreso) di un EPR operativo per 85% del tempo su un 90% di potenziale, con un costo del denaro al 7%, è di 60€ al MWh (costo Lcoe) compreso di gestione, dei costi di conservazione del combustibile esausto e del decommissioning della centrale.

Inoltre, in questo contesto non è efficace comparare il costo di produzione, ma il vero confronto è quello con il costo dell'elettricità in bolletta.

In questo caso le bollette tedesche, italiane, danesi, non sono un bel vedere rispetto a quelle francesi. Effettivamente, in bolletta finiscono non solo i costi di produzione, ma nel conto finale incidono molto i costi di rete e i costi per assicurare la copertura del fabbisogno orario. Avere una fonte d'energia programmabile i cui costi per KWh prodotti siano prevalentemente concentrati nella costruzione iniziale del reattore, una parte minoritaria nella sua manutenzione e solo per un 4% dipendenti dal costo del combustibile, permette contratti di fornitura di 10/20 anni, gli stessi che Federacciai sta facendo con la Slovenia per il raddoppio del reattore di Krsko.

Inoltre l'uranio non è una risorsa che sta scarseggiando, e il suo prezzo incide poco sui costi dell'elettricità da fissione. Nell’eventualità che il prezzo anche duplicasse, questo non cambierebbe la struttura del prezzo, tanto che l'energia elettrica da fissione viene venduta con contratti PPA e non a prezzo di mercato. Oltre a non presentare problemi di scarsità di combustibile, il nucleare da fissione è una fonte d'energia che lascia una quantità piccola di scorie da gestire: bisogna pensare che per 12 TWh di produzione elettrica annua, le scorie prodotte corrispondono a soli 3 metri cubi, da conservare in attesa di utilizzarle nei reattori di nuova generazione.

 L'argomento "non si farà mai in Italia" è il sintomo di una politica che in materia di energia ha passato gli ultimi 10 anni a pensare come coprire il fabbisogno delle prossime 24 ore, prendendo decisioni sulla base dei sondaggi.

Non c'è mai stata una pianificazione a 10 o 20 anni. Che i reattori a fissione andassero scartati perché ci vuole troppo tempo, lo si diceva anche 10-15 anni fa, continuando ad avere una produzione elettrica di origine carbon fossile. Nello stesso tempo c'è chi 15 anni fa ha programmato di costruire uno dei primi EPR (con tutte le difficoltà di essere i primi, in un periodo di continua revisione delle procedure di costruzione) ed oggi Olkiluoto 3 fornisce il 14% del fabbisogno elettrico finlandese per i prossimi 60 anni, con emissioni di 12 grammi di CO2 ogni KWh prodotto, cioè una quantità pari a quella prodotta dall’eolico, tre volte meno del geotermico, quattro volte meno del fotovoltaico, quaranta volte meno del gas e settanta volte meno del carbone (link ai dati). Nei prossimi 2 anni il Regno Unito allaccerà 2 nuovi reattori, per una produzione di 24 TWh all'anno per i prossimi 60 anni.

Quindici anni fa la Finlandia ha iniziato un progetto per essere indipendente da regimi che uccidono i diritti, mentre l’Italia e la Germania facevano accordi per il gas con Putin, all’epoca ritenuto il male minore rispetto ai reattori a fissione.

Le future generazioni, non solo quelle ucraine, saranno più grate ai finlandesi che a noi.

Cosa stiamo facendo per non essere dipendenti dal carbon fossile per il 2050? 

Il nostro paese ha fatto passare decenni, bloccato a governare per il giorno dopo, prendendo decisioni che guardano al prossimo sondaggio più che ad una generazione avanti, come se non ci fosse interesse a pianificare una strategia a lungo termine, come se quello che accadrà tra 10 o 20 anni non ci riguardasse.

Con il risultato che siamo un paese con le emissioni climalteranti procapite per produrre elettricità, tra i peggiori d'Europa.

I finlandesi possono bloccare l'importazione di gas dalla Russia perché hanno costruito un mix energetico indipendente, al contrario dell’Italia o della Germania, che con l’Energiewende, (programma che comprende la chiusura dei reattori nucleari) ha reso i tedeschi dipendenti dal gas e carbone.

I francesi con “Futuri Energetici 2050” sintetizzano un’analisi che nessuno in Italia, a livello politico, ha il coraggio di fare sui numeri, sui bisogni e senza precludere nessuna soluzione. Individuano tre direttive di azione, complementari e non contrapposte:

- Una riduzione globale del consumo di Energia dell’ordine del 40 %;

- Un aumento del consumo elettrico, tra il 15 e il 60 %.

- Uno sviluppo massiccio delle energie rinnovabili, con un incremento di potenza installata da qui al 2050 di circa 60 GW per le eoliche offshore, più di 70 GW di eolico terrestre e 220 GW di fotovoltaico.

È però fondamentale sottolineare che questi scenari si basano comunque sul mantenimento, se non un rafforzamento, della potenza installata derivante da centrali nucleari, attualmente di poco superiore ai 60 GW.

Il governo francese ha fatto sue queste conclusioni e da qui ha delineato una vera strategia per raggiungere la neutralità carbone e uscire dall’uso delle energie di tipo fossile nel 2050, con:

- Costruzione di 6 EPR2 e possibilità per altri 8 reattori

- Sviluppo energie rinnovabili (legge 10 Marzo 2023)

- Piano in corso di risparmio energetico

Questa strategia è attualmente confortata da due azioni legislative : Il progetto di legge sull’accelerazione delle procedure per la costruzione di nuove installazioni nucleari in prossimità dei siti esistenti e il funzionamento delle installazioni esistenti, che è stato adottato recentemente.

Quella di oggi è la prova che negli ultimi dieci anni non abbiamo fatto scelte utili ad evitare una situazione di dipendenza. Cosa stiamo facendo per i prossimi decenni?

Chi mette limiti alla fissione all'interno di un mix energetico, ritarda la riduzione della C02, e non si accorge di considerare il global warming un problema secondario. Quindi tutti gli strumenti già pronti per la lotta ai gas a effetto serra sono da adottare:

- quelli di breve termine come le rinnovabili,

- quelli a medio termine come le reti per distribuire l’energia dalla produzione verso il fabbisogno; eventualmente provare ad estendere approcci simili a quello di Federacciai con la Slovenia (Krsko) in ambito comunitario, con una programmazione di estensione del parco reattori e lo sviluppo di nuove tecnologie all’interno di un partenariato di R&S. Questo potrebbe essere perseguito con delle “governances” europee, sia attraverso la creazione di un’agenzia “ad hoc” europea, sia attraverso gli strumenti di cooperazione rafforzata previsti dai trattati.

- Infine, le soluzioni a lungo termine, come il consenso e una rinnovata legislazione per un ritorno nel nostro paese di investimenti in reattori a fissione.

 

 

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2023-05-13 17:31:51 +0200