Di Gabriele Trianni
Nonostante fosse stata approvata la legge di bilancio appena tre settimane prima, il 20 gennaio in Parlamento, è stato votato un ulteriore scostamento di 32 miliardi: il quinto negli ultimi 12 mesi. Una prima riflessione da fare riguarda la completa assenza di discussione in Parlamento sulle questioni inerenti la legge di bilancio. Oramai le procedure parlamentari di approvazione del bilancio sembrano essere saltate, si è presa l’abitudine di presentare in estremo ritardo la legge di bilancio in Parlamento e di conseguenza a disincentivare la discussione della legge stessa.
Un secondo punto importante da sottolineare è invece la dinamica che ha portato ad approvare una legge di bilancio che si sapeva già essere non sufficiente per affrontare la seconda ondata di Covid-19 che è attualmente in corso. Il Governo era già a conoscenza che si sarebbe dovuto richiedere uno scostamento di bilancio aggiuntivo, ma nonostante questo, ha deciso di presentare in Parlamento un documento che era già diventato obsoleto prima della sua approvazione.
Lo scostamento di 32 miliardi, sebbene gli esponenti del Governo non vogliano mai chiamarlo con il suo nome, è debito. Debito che si va ad aggiungere ad una situazione già critica per il nostro Paese e che si aggrava, in questo periodo di pandemia, a causa della scarsa crescita del PIL. Il rapporto debito/PIL supererà infatti l’8,8 percento previsto dal Governo in quanto la crescita del prodotto interno subirà ulteriori rallentamenti a causa del persistere delle misure restrittive adottate per affrontare l’emergenza Covid-19.
Risulta quindi fondamentale, in questo momento, riuscire ad utilizzare tutti gli strumenti economici messi a disposizione dell’Europa in maniera efficiente, in modo tale da ridurre il più possibile gli sprechi che si tradurrebbero in ulteriore debito a carico delle generazioni future.
Il MES
Lo scostamento di 32 miliardi approvato dal Parlamento riguarda i seguenti ambiti:
- Ristori per il Covid;
- Fondi temporanei per il reddito di cittadinanza;
- Liquidità per le imprese;
- Misure per i settori penalizzati;
- Compensazioni per gli Enti locali che hanno subito meno entrate;
- Fondi per la sanità;
- Fondi per la scuola;
- Sussidi per le imprese 4.0.
Nonostante tutti gli ambiti sopraelencati rientrino tra le spese ammissibili per accedere al MES, in quanto riguardano spese sanitarie dirette e indirette, il Governo ha deciso di ricorrere a diversi strumenti di indebitamente, più costosi. Per quale motivo sarebbe stato meglio ricorrere al MES rispetto ad altre fonti di finanziamento? Perché l’accesso al MES garantisce tassi di interesse che, attualmente, sono pari a zero o addirittura negativi; l’ultima stima che si ha del risparmio che potrebbe garantire il MES è di circa 3 miliardi. Tre miliardi di minor indebitamento che il Governo ha deciso coscientemente di non sfruttare per pura ideologia politica.
Risuonano quindi ancora più stridenti le parole di Di Maio che poche settimane fa dichiarava che il Governo non avrebbe mai attivato il MES perché “è debito”[1] mentre nello stesso tempo vediamo approvare uno scostamento di bilancio senza mai chiamarlo “debito” ma che produrrà un effetto negativo nelle casse dello Stato di circa 3 miliardi.
È stato un errore non attivare il MES sei mesi fa, in alternativa ai precedenti scostamenti di bilancio, e forse è un errore ancora più grave non attivarlo adesso che il debito pubblico è ulteriormente e costantemente gravato dall’emergenza pandemica.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Il PNRR delinea le basi del Programma di Ripresa e Resilienza (Recovery Plan) che il Governo metterà a punto dopo l’adozione del Recovery Fund – Next Generation EU.
Avendo appurato che il debito italiano è in continua crescita, soprattutto a causa dell’emergenza Covid-19, l’unica soluzione per l’Italia per poter evidenziare una riduzione del rapporto debito/PIL è quella di stimolare la crescita attraverso l’adozione di specifiche politiche per facilitare lo sviluppo economico del nostro Paese.
Il PNRR dovrebbe quindi essere formulato avendo ben in mente che è un’occasione unica per rilanciare il sistema economico italiano, qualora perdessimo anche questo treno ci ritroveremmo, a fine pandemia, con un debito pubblico elevatissimo e con pochissime speranze di riuscire a sostenerlo. Gli scenari che si delineerebbero nel prossimo futuro sono evidenti a tutti e bisogna quindi impegnarsi affinché il PNRR possa rappresentare davvero un’occasione di rilancio per l’Italia.
Come ben espresso dal prof. Carnevale Maffè il PNRR è “una promessa che l’Europa chiede all’Italia per saldarsi all’Unione. In questo senso, il PNRR, deve intendersi come un piano Marshall, un piano Marshall per la parte meridionale di una nuova Europa”.
“L’Europa ci sta chiedendo di utilizzare il Recovery Fund per diventare parte di essa. Non sono soldi da spendere in Italia ma sono soldi da spendere in quella parte di Europa che geograficamente collochiamo nella Repubblica Italiana”.
L’Italia è riuscita ad essere la nazione che riceverà più fondi dal Recovery Fund non perché c’è stata un’efficace intermediazione politica da parte del Governo ma perché, purtroppo, siamo il Paese che “è entrato nella crisi causata dal Covid con le maggiori vulnerabilità: zero crescita, debito elevatissimo (secondo solo a quello greco), produttività ferma e disoccupazione, soprattutto quella giovanile, alle stelle” (Veronica De Romanis).
Analizzando il PNRR italiano approvato dal Consiglio dei Ministri risultano fondamentalmente tre grosse problematiche:
- Sono totalmente assenti le riforme di cui l’Italia avrebbe bisogno per stimolare la crescita.
Senza basare il PNRR sulle riforme rischiamo di investire in politiche che non produrranno i risultati sperati. L’Italia ha assoluto bisogno di agire in maniera efficace su tutti quegli elementi che disincentivano l’investimento nel nostro Paese come la burocrazia, la lentezza della giustizia, il livello di tassazione e lo stimolo della concorrenza.
Le risorse allocate nella digitalizzazione della pubblica amministrazione rischiano ad esempio di essere sperperate se non si passa prima da una riforma in grado di cambiare le procedure di gestione della stessa PA, il rischio è quello di “ritrovarsi tra 10 anni a fare le stesse cose facendo finta di averle digitalizzate” (Carlo Cottarelli).
- Il principio generale del documento è quello di basare lo sviluppo economico sugli investimenti pubblici senza pensare a stimolare quelli privati.
La filosofia del Recovery è basata sugli investimenti pubblici, su un modello di crescita economica trainato dall’investimento pubblico. “L’investimento pubblico è necessario, ne abbiamo bisogno in tante aree però, in un economia di mercato, sono gli investimenti privati quelli che fanno la crescita nel lungo termine” (Carlo Cottarelli). Il PNRR non spiega come si potranno attrarre in Italia maggiori investimenti privati dall’estero rispetto a quelli che abbiamo visto negli ultimi anni.
Il Piano presentato sembra indicare di utilizzare i fondi per “rendere lo Stato ancora più indispensabile e intermediatore quando, nella realtà, dovrebbe rendere lo Stato abilitante” (Carlo Alberto Carnevale Maffè).
- Il Piano è completamente privo di dettagli che possano spiegare in maniera chiara come verranno utilizzati i miliardi stanziati per ogni missione e quali saranno gli obiettivi specifici che si intendono raggiungere.
Il problema risiede proprio nella strutturazione del documento che risulta essere un mero elenco di cose da fare senza mai menzionare gli obiettivi specifici e le analisi di impatto delle azioni proposte. Un esempio, tra i tanti, è dato dallo stanziamento di 1,5 miliardi per gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) per i quali ci si prefigge l’obiettivo generale di aumentare il numero di studenti in 5 anni ma non si indica puntualmente quanti ITS verranno coinvolti, quanti studenti in più ci si aspetta di avere, ecc…
Sapendo che la “Commissione ha come principio di valutazione la verifica degli obiettivi e vedendo che questi obiettivi non vengono neanche menzionati allora si può intuire come l’intera struttura del documento sia deficitaria” (Marco Bentivogli).
Come scritto precedentemente questo PNRR è di fondamentale importanza per il nostro Paese ed è quindi altrettanto fondamentale che il prossimo Governo sia conscio che dovrà affrontarlo capovolgendo totalmente l’approccio avuto finora.
I fondi che l’Europa ha stanziato per l’Italia dovranno essere quindi gestiti da persone in grado di saper sfruttare in pieno l’opportunità che ci è stata concessa; avendo il coraggio di attuare le riforme che il Paese sta attendendo da decenni e avendo la capacità di attuare politiche efficaci in grado di rivendicare una nuova visione di Paese innovativo, competitivo e sostenibile. Immagine lontana anni luce da quella che ci identifica troppo spesso come “fanalino di coda” d’Europa.