di Yuri Guaiana
Russia Unita, il partito di Putin, sta vincendo le elezioni per la Duma, la camera bassa della Federazione Russa, tenutesi dal 17 al 19 settembre.
Il risultato non sorprende nessuno, non per via della popolarità del partito di Putin, che in realtà sembra essere in calo, ma per come queste elezioni sono state preparate e condotte.
Dopo l’arresto di Navalnyj, l’unico che rappresentava davvero una minaccia per Putin, la sua rete è stata dichiarata estremista, esattamente come Al Qaeda, e a molti dei suoi candidati è stato impedito di partecipare alle elezioni. I sostenitori di Navalnyj hanno reagito con il cosiddetto «voto intelligente», votare il candidato che aveva più possibilità di battere quello di Russia Unita. Questa strategia è stata indebolita dalla decisione di Google e Apple, aspramente criticata dai sostenitori di Navalnyj e lodata dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, di rimuovere dalle loro piattaforme - nel primo giorno delle elezioni - la app per il «voto intelligente». Un colpo terribile alla libertà su internet in Russia, già messa in pericolo da altre manovre governative, che aveva spinto varie associazioni a chiedere che le Big Tech mantenessero internet aperto e sicuro durante le elezioni. Nonostante ciò, il successo dei Comunisti sembra esser dipeso in gran parte proprio da questa strategia.
Ma la repressione di Putin è andata ben oltre quella contro il suo acerrimo nemico, e ha colpito tutti i partiti che non rientrano nell’innocua opposizione di sistema, come il due partiti liberali iscritti ad ALDE Party: il Partito Popolare della Libertà e Yabloko (il partito della mela). Solo il secondo ha partecipato alle elezioni sostenuto anche dal primo, ma sembra essersi fermato fermato all’1.03% dei voti.
Oltre ai partiti la repressione colpisce da anni blogger, attivisti, organizzazioni non governative e media indipendenti che quotidianamente fanno resistenza al governo di Putin.
Ma Putin è andato oltre la repressione e quest’anno ha impedito anche agli osservatori Osce di monitorare le elezioni limitandone l’accesso a un numero eccessivamente ridotto con la scusa della pandemia, come ha denunciato Matteo Mecacci, direttore dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Osce.
Non sorprende allora leggere il resoconto di Yabloko sulle irregolarità delle elezioni: "Caroselli [quando le stesse persone votano più volte in diversi distretti], persone morte indicate come elettori nelle liste elettorali, osservatori non sono autorizzati a vedere le liste degli elettori, l apparecchiature per il voto touch-screen non sono sigillate, voto a domicilio che raggiunge il 50% in alcune aree, libri degli elettori non sono pinzati o numerati, agli osservatori è vietato fare foto e video, sono allontanati dai seggi e persino picchiati, le urne portatili non sono sigillate, ci sono malfunzionamenti nel sistema di voto a distanza," ha denunciato leader del partito Nikolai Rybakov.
Se a questo si aggiunge il sostegno plebiscitario garantito dal leader ceceno Kadirov all’amico Putin, non sorprende davvero che Russia Unita possa aver già dichiarato di aver raggiunto maggioranza due terzi grazie alla vittoria in in 195 collegi uninominali. Se questo venisse confermato Russia Unita avrebbe la maggioranza necessaria per cambiare la costituzione in una legislatura in cui Putin dovrà decidere se continuare a rimanere Presidente.
Putin continua a costringere la Russia nella sua morsa autocratica senza risolvere i problemi che preoccupano i russi come l’aumento dei prezzi, della disoccupazione, della povertà e della corruzione. Noi continueremo a stare al fianco dei cittadini russi e dei liberali di Yabloko e de Partito Popolare della Libertà per sostenerli nella loro lotta.