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Riapertura? Servono i dati, poi le date

di Benedetto Della Vedova e Carmelo Palma

Nel dibattito sulla “riapertura” ci sono troppe date e pochi dati. Non è razionale ipotizzare i tempi dell’allentamento del lockdown senza una base di informazioni minima che consenta di descrivere quanto e dove il contagio sia diffuso e quali siano state fino a oggi le fonti e i canali di diffusione più significativi.

Come è ormai ammesso dalla stessa Protezione civile, né il numero dei contagiati, né il numero dei morti comunicato è rappresentativo della realtà.

Tutti ammettono che il numero reale dei contagiati è di svariate volte superiore a quelli accertati.

Il numero dei morti è anch’esso approssimato per difetto, poiché evidentemente in alcune aree del Paese l’aumento della mortalità rispetto alla media degli anni precedenti è molto superiore dei decessi addebitati al Covid.

Mancano inoltre dati fondamentali quali quelli dei canali di contagio più significativi. Ad esempio sarebbe rilevante comprendere se il contagio è proceduto nelle attività produttive esentate dalle restrizioni, ovvero, come parrebbe più probabile, soprattutto nei cluster familiari – in cui, in assenza di isolamento e di tracciamento dei contagiati hanno convissuto per settimane potenziali positivi e non positivi – e attraverso e all’interno delle strutture sanitarie.

Istituzioni politiche nazionali e locali, strutture tecniche e autorità sanitarie devono chiarire su quale base di dati assumono le proprie decisioni. In caso contrario, queste appariranno puramente discrezionali e non meritevoli di fiducia.

Le imprese che devono ricominciare la loro attività e le persone che, in sicurezza e disciplinatamente, vogliono riappropriarsi della libertà, aspettano indicazioni e prospettive precise.

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