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Referendum giustizia: voto 5 sì. Salvini è scomparso

Intervista di Emma Bonino a Francesco Grignetti, La Stampa

Per la senatrice Emma Bonino, è vigilia di un'ennesima tornata referendaria. Questa volta si tratta di cinque quesiti di Lega e Radicali sulla giustizia, sui quali +Europa ha scelto 5 sì. I quesiti sono abbastanza eterogenti, ma lei pensa che ci sia un filo rosso. «Di certo la riforma avviata dalla signora Ministro Cartabia è positiva e va sostenuta, ma non è sufficiente. Dal buon funzionamento della macchina giudiziaria passa tutto ciò per cui ho fatto numerose lotte politiche, dai diritti umani, alle libertà economiche e civili, alla difesa dei più deboli. Per non parlare della burocrazia, le carceri, i migranti e via dicendo. Serve una riforma coraggiosa e complessiva, perché dalla giustizia giusta passa lo Stato di diritto e quindi la democrazia e la tutela delle libertà».


I quesiti portano la firma di Matteo Salvini. Imbarazzata da questo compagno di strada, da cui tanto vi divide?
«Sono sempre contenta quando vedo un avversario politico che sostiene le iniziative che hanno riguardato tutta la mia storia politica. È così per l'europeismo, cui tutti ora sembrano entusiasti sostenitori, manco volessero togliermi il "core business" che mi ha portato a fondare +Europa. Lo stesso vale sulla giustizia. Il coinvolgimento di Salvini è arrivato in corsa su un'iniziativa del Partito Radicale, ma, raccolte le firme, sembra ora non gli interessi più la buona giustizia. Mi pare sia più interessato a mettere in discussione le scelte di Draghi e a correre in soccorso dell'amico Putin – diciamo che il garantismo e la simpatia per quei regimi dove la libertà dei cittadini è annichilita sono un po' in contraddizione - e i referendum non siano la priorità».


Come si spiega tanta ostilità da parte dei magistrati? 
«Si tratta di certo del voler mantenere lo status quo. Ma basti pensare agli scandali che hanno interessato il Csm, che ne è uscito lacerato, ancor più dalle divisioni correntizie che lo caratterizzano. Ricordiamoci che è un organo di rilievo costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica, che non può e non deve essere terreno di battaglia tra le correnti della magistratura».


C'è ormai uno zoccolo duro di astensionismo, ed ogni volta è più difficile raggiungere il quorum. È un problema solo di questi referendum, oppure in prospettiva si azzoppa l'istituto stesso?
«I cittadini sono in parte disaffezionati dalla politica, certo. Ma il vuoto non esiste. Non andare a votare implica solo che qualcun altro, che avrà votato, imporrà la scelta. Tanto vale sui rappresentati, quanto sui referendum. E poi i cittadini sono disinformati. Dei i quesiti si parla poco e non in modo coinvolgente; nemmeno sulla Rai che dovrebbe svolgere un ruolo di servizio pubblico».


Alcuni costituzionalisti notano una contraddizione tra maggiore facilità nella raccolta delle firme, favorita dalla modalità telematica, e di contro una minore possibilità di superare il quorum, stante la disaffezione dal voto. Immagina qualche intervento legislativo in futuro?
«Credo che la possibilità di raccogliere le firme con autenticazione via Spid sia solo arrivata tardi, e che vada benissimo. È impensabile, data la diffusione dell'identità digitale, che per raccogliere le firme su referendum servano gli autenticatori, i tavoli, i documenti di identità. Sono convinta poi che se l'informazione, anche pubblica facesse il proprio dovere, i cittadini andrebbero a votare. Basti pensare che su eutanasia, prima, e su legalizzazione cannabis, dopo, i cittadini hanno dimostrato tanto fisicamente quanto telematicamente che su questioni che li toccano da vicino ci sono. La disaffezione non è sui temi, ma su una politica sempre più distante dalla realtà delle persone. E poi il quorum va rivisto: così chi vuole boicottare i referendum gioca in discesa».


Il senatore Calderoli è in sciopero della fame per protesta contro il black-out informativo. Una protesta che voi avete dovuto percorrere tante volte in passato. 
«Apprezzo lo sforzo del senatore Calderoli. Ritengo che sia un atto non violento, da me e Marco Pannella usato in moltissime occasioni, efficace. Non so se la situazione sia più o meno peggiorata. Di certo non si è fatto alcun avanzamento per informare e, quindi, consapevolizzare le scelte dei cittadini italiani che restano allo scuro e quindi si distanziano sempre più dalla politica. Il Presidente Einaudi usava l'espressione "conoscere per deliberare". Non è pensabile che si chieda ai cittadini di partecipare tenendoli disinformati». 

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-06-09 11:57:04 +0200