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Referendum sul taglio dei parlamentari: un altro svilimento per gli italiani all'estero

di Benedetta Dentamaro

Il referendum sulla riforma del parlamento, decisivo per il funzionamento delle istituzioni democratiche in Italia, è addirittura cruciale per la sopravvivenza della rappresentanza dei 5,5 milioni di italiani nel mondo.
Il taglio lineare applicato anche alla circoscrizione estero porterebbe gli eletti fuori confini da 18 a 12. Cosa vuol dire in concreto? I dati sono impressionanti.
Mentre un senatore eletto in Italia rappresenterebbe 300.000 abitanti, uno eletto all'estero 1.400.000 iscritti AIRE (oggi: 192.000 contro 800.000); mentre un deputato eletto in Italia rappresenterebbe 150.000 abitanti, uno eletto all'estero 700.000 iscritti AIRE (oggi: 96.000 contro 400.000).
Questo evidentemente non è dovuto al riconoscimento di super-poteri negli eletti all'estero, ma risponde alla strategia di comprimere i diritti civili degli italiani emigrati, ignorando deliberatamente che gli italiani che vivono all'estero, in modo permanente o temporaneo, siano in costante crescita da un decennio, e che gli aventi diritto al voto siano aumentati del 20% negli ultimi 5 anni. Al contrario, in Italia nel 2019 si è registrato il saldo naturale della popolazione più basso dal 1918, e anche l'elettorato attivo è in contrazione.
Non è dunque né logico né equo applicare la stessa percentuale di taglio ai seggi all'estero.
La proposta riforma, peraltro, è solo un pezzo del puzzle che mira allo svilimento della rappresentanza degli italiani all'estero: abbiamo a suo tempo denunciato gli ostacoli alla partecipazione alle elezioni europee. Ora, il progetto di riforma della legge elettorale non menziona affatto la circoscrizione estero e il dibattito sulla modifica della disciplina del voto all'estero non è stato calendarizzato in parlamento. Ci ritroveremo quindi ancora una volta a votare per posta (entro il 26 marzo), con tutti i problemi connessi. All'esito positivo del referendum farebbe seguito di fatto lo sgranarsi delle ripartizioni, già ora smisurate: i numeri condannerebbero la rappresentanza a un eletto per continente per camera.
Parallelamente, il rinnovo degli organi di prima rappresentanza degli italiani all'estero (Com.It.Es e CGIE), che sarebbe dovuto avvenire quest'anno, è stato rinviato dal milleproroghe a una data indefinita tra aprile e dicembre 2021. Come contraltare, recentemente è stata reintrodotta l'Imu per i pensionati residenti all'estero. A ulteriore dimostrazione di come gli italiani all'estero siano trattati come bancomat da cui riscuotere imposte e voti senza tutelarne i diritti.
Il mio NO al referendum costituzionale è, quindi, anche un NO all'antidemocratico 'taxation without representation'.

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