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Radio Radicale: Emma Bonino “Dal Governo condanna a morte. Il M5S vuole il bavaglio”

La mancata stipula della convenzione annunciata dal sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi “significa decretare la fine di Radio radicale in modo molto chiaro”. E, spiega Emma Bonino a LaPresse, questa “condanna a morte” ha dei chiari mandanti in chi “vuole spegnere una voce libera, politica ma non partitica” e che negli anni è diventata “la più grande scuola di politica istituzionale del Paese”.

Crimi dice che per 25 anni la convenzione è stata stipulata senza una gara. È così?

Trovo le dichiarazioni di Crimi totalmente imprecise. Voglio ricordare che in realtà ci fu una gara nel ’94 che Radio radicale vinse e poi, ogni anno, ogni volta, Radio radicale ha chiesto che si istituisse una gara per valutare tutti gli elementi del servizio e aprirlo anche ad altri contendenti. Questo non è mai stato fatto, ma mi preme ribadire che una gara è stata fatta e che Radio radicale ha sempre chiesto che si aprissero delle gare.

L’emittente e i suoi lavoratori stanno ricevendo la solidarietà di gran parte del mondo politico. Questo porterà a qualcosa?

Questo io non lo so perché non ho la palla di vetro, ovviamente, ma mi auguro che i cinque stelle e gli altri componenti del Governo facciano una riflessione su questo che è con tutta evidenza un decreto di morte e non si capisce perché. Anzi, si capisce…

Cosa intende?

C’è la volontà di spegnere delle voci libere, politiche ma non partitiche che hanno dato voce a tutti. Pensiamo poi ai processi, alla grande meraviglia dell’archivio, tutti i convegni, tutti i congressi dei partiti. Nessun altro fa un servizio così, né l’ha mai fatto.Tantomeno Rai Parlamento.

C’era anche stata l’potesi di un matrimonio con la Rai…

Non lo so, non ho seguito bene. I dettagli non li so. So anch’io che ci sono stati dei dialoghi ma non so come siano finiti. Se è una possibile via d’uscita credo lo sappia meglio di me il direttore di Radio radicale, l’ipotesi che era stata studiata anche su nostra richiesta da tanto e che poi si è arenata.

Perché?

La mia impressione è che il Governo e il M5s non vogliano affatto trovare una soluzione. Vogliono solo chiudere Radio radicale punto e basta. Probabilmente come altri due organi di informazione, che ser ricordo bene sono ‘Avvenire’ e ‘Il Manifesto’, forse perché non graditi. A me sembra un atto di forza francamente disdicevole per chiunque abbia a cuore la libertà di informazione.

Il motto di Radio radicale è sempre stato ‘conoscere per deliberare’. Secondo lei siamo in una fase in cui si vuole che l’opinione pubblica non conosca?

Può darsi che alcuni la pensano così, ma per chiunque di noi si batta e si sia sia battuto sempre per una società aperta, legata allo stato di diritto e, appunto, alla conoscenza, è chiaramente un indizio di preoccupazione. Nel lavoro fatto in questi decenni Radio radicale, con la trasmissione in diretta del Parlamento, è stata la più grande scuola di politica istituzionale del nostro Paese. Molte persone, anche non addetti ai lavori, sanno come funziona il Parlamento, cos’è una mozione, cos’è un emendamento o una risoluzione, come si svolgono i dibattiti.

Secondo lei ci sono gli estremi perché intervenga il presidente della Repubblica?

Io difendo questa cosa, certo se intervenisse il presidente Mattarella ne sarei felice, ma non credo spetti al presidente Mattarella farlo.

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