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Problemi di informazione nei mezzi di comunicazione: il caso di un recente sondaggio

Di Mario Stanga

Su la Repubblica del 1° giugno (edizione cartacea; del 31 maggio in quella on line) è apparso un articolo di Ilvo Diamanti intitolato “L’emergenza giustifica uno stop alla democrazia per 4 italiani su 10”, ove vengono trattati “La sospensione delle regole democratiche” e  “La domanda di un leader forte”.

Sono due aspetti particolarmente importanti, delicati e “critici” nella attuale situazione politica italiana, che si caratterizza per una significativa ondata di sovranismo e che ha visto quasi un anno fa la richiesta (abortita) di “pieni poteri” da parte di un esponente politico di primo piano: ci saremmo attesi pertanto una rigorosa scientificità nella trattazione delle tesi sostenute, in quanto si dichiara che sono fondate sulle risultanze di una indagine di 1.005 casi.

Sul primo argomento, “LA SOSPENSIONE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE”, dopo aver asserito che “il ruolo del Parlamento, …, è divenuto marginale” e che “il rito che sancisce e legittima i parlamentari, le elezioni, è sospeso” in quanto le "elezioni regionali e amministrative ... sono state rinviate", si deduce che “possiamo, quindi, parlare di una "democrazia sospesa" e si conclude affermando che tale situazione è “ammessa" da oltre il 40% degli italiani, ... I quali accettano che "in caso di emergenza alcune regole della democrazia possono venire sospese".

A supporto della tesi della “sospensione” è riportata un’unica tavola con i risultati ottenuti dalla domanda posta, che così, testualmente, recita: “Mi può dire quanto si sente d’accordo con la seguente affermazione: «In casi di emergenza alcune regole della democrazia possono venire sospese»”.

Caratteristica fondamentale di una ricerca impostata secondo criteri scientifici è che le domande fatte agli intervistati siano chiare e assolutamente univoche nel significato, tali da non lasciare adito a una pluralità di interpretazioni.

La domanda appare invece “generica”, con possibilità di una molteplicità di significati (che rendono poi ardua l’interpretazione dei risultati da parte del ricercatore) a vari livelli:

  • Non viene minimamente indicato a QUALI TIPI DI EMERGENZA CI SI RIFERISCE: si tratta di emergenze sanitarie (il Covid-19)? Di ordine pubblico (delinquenza / mafia / golpe militare / insurrezione delle classi disagiate, ...)? Di antiterrorismo (un attacco dell'ISIS)? ...? Era necessario (doveroso) specificarlo, perché le risposte possono variare, e di molto, in funzione del tipo di emergenza.
  • Non si precisa PER QUANTO TEMPO VERREBBERO SOSPESE le regole democratiche: il fattore “durata” è un aspetto fondamentale e definirlo fornisce un parametro preciso perché l’intervistato possa giudicare la sopportabilità o l’insopportabilità della sospensione di quella determinata regola democratica: parliamo 30 giorni? Di 6 mesi? Di un anno? Di sospensione permanente?
  • Soprattutto non viene assolutamente specificato QUALI REGOLE VERREBBERO SOSPESE, così che la domanda risulta generica e non di univoca decodifica in quanto lascia agli intervistati la possibilità di darle un significato, che, non noto ed esplicitato, non consente poi una interpretazione delle risposte precisa e coerente con le opinioni degli intervistati stessi.

Sotto il profilo della corretta tecnica di intervista, era doveroso definire le regole da sospendere e per ciascuna di esse si doveva chiedere la disponibilità alla loro rinuncia in caso di emergenza.

Di quali regole si va parlando infatti: di quelle del lockdown disciplinatamente accettate dalla maggior parte della popolazione, cioè del divieto, per un certo numero di giorni, di correre nel parco o di visitare i congiunti per la possibilità di infettarli? Di chiudere le scuole fino a settembre per salvaguardare la salute degli studenti (potenziali veicoli per quella dei loro congiunti)? Di rimandare le elezioni regionali all’autunno per evitare che l’affluenza ai seggi moltiplicasse il contagio? Di sospendere i lavori parlamentari per 15 giorni per motivi sanitari così da tutelare la salute di deputati e senatori? …? Di sospendere le libertà di pensiero? Di parola? Di stampa? Di associazione? Di sospendere il sistema parlamentare perché basta un uomo solo al comando con i pieni poteri?

Solo ponendo la domanda in modo corretto e completo si sarebbe potuto poi sostenere la tesi di “una democrazia sospesa ... «ammessa» da oltre il 40% degli italiani ... i quali accettano che in caso di emergenza alcune regole della democrazia possono venire sospese” o, come meglio sintetizzato (strillato) nel titolo “l’emergenza giustifica uno stop alla democrazia per 4 italiani su 10” (dato e non concesso che i risultati lo avessero supportato).

Per quanto riguarda il secondo argomento, “LA DOMANDA DI UN LEADER FORTE”, l'autore dell'articolo asserisce che tale domanda è "accolta con favore dalla maggioranza dei cittadini" e aggiunge che "il 38% ritiene il ruolo dei partiti poco importante, se non dannoso, per il funzionamento della democrazia".

Poiché l’espressione “leader forte” è spesso decodificato con “uomo forte” nel senso di “dittatore”, il suo accostamento alla “irrilevanza / dannosità del ruolo dei partiti” assume notevole importanza, anche perché sembra venga prospettato un profondo e pericoloso mutamento nel sentire democratico degli italiani e l’autore esprime la sua tesi non come una legittima opinione personale, bensì come bene fundata sulle risultanze di una indagine di 1.005 casi.

Occorre pertanto, e di nuovo, analizzare se le domande sono state poste correttamente sotto il profilo tecnico, così da supportare le tesi espresse.

Disponiamo però solo della verbalizzazione della domanda sul leader forte e non di quella sul ruolo dei partiti. In essa, testualmente, si chiede agli intervistati di indicare quanto sono d’accordo con l’affermazione: “Il paese ha bisogno di essere guidato da un leader forte” (si chiede anche l’accordo sulla frase: “I leader forti sono un pericolo per la democrazia”, ma di quest’ultima non è stato fornito alcun risultato).

E di nuovo siamo costretti a rilevare che la domanda è generica e avrebbe dovuto essere approfondita con una serie di caratterizzazioni aggiuntive che definissero precisamente il senso della parola “forte” e non lasciassero all'intervistato la possibilità di riempirla di significato.

Cosa significa infatti questo aggettivo: vuol dire forse autorevole? Competente? Preparato? Che si assume la responsabilità delle decisioni prese? ...? Autoritario cioè che accentra tutto il potere nelle sue mani?

E nel caso l’intervistato nella sua mente avesse decodificato la domanda nei termini di “è meglio essere guidati da un leader forte o da un leader debole?”, la sua risposta non sarebbe forse risultata scontata, priva di valore e di senso? (Ma chi vuole essere guidato da un leader debole!)

Sotto l’aspetto tecnico a dissipare ogni dubbio avrebbe aiutato chiedere di indicare esempi di “leader forte”: De Gasperi? Togliatti? Moro? Berlinguer? Conte? Trump? …? Mussolini?  Putin? Xi Jinping? Kim Jong-un?

Per la domanda riguardante IL RUOLO DEI PARTITI non abbiamo la possibilità di fare rilievi tecnici e formali – che poi diventano di contenuto e sostanza -, ma se essa è stata posta con le stesse modalità delle altre due ci pare lecito qualche dubbio sulla tesi che tale ruolo sia “poco importante, se non dannoso, per il funzionamento della democrazia”.

A nostro parere, come consigliano tutti i manuali di ricerca e la consolidata esperienza pluridecennale nell’approccio a questo tipo di problemi, per evitare la genericità delle domande sarebbe stato necessario effettuare preliminarmente una approfondita indagine motivazionale che investigasse nel profondo i vissuti e le attese degli intervistati su questi importanti argomenti, andando al di là del mero livello razionale che si ferma maggiormente in superficie: c’è da pensare, visti i rilievi fatti, che non sia stata effettuata.

Resta poi da definire il problema del trend della richiesta di un leader forte: le indagini svolte nel tempo da Demos indicano che nel 2018 era al 64%, oggi al 56%: una percentuale sicuramente importante, ma in diminuzione di ben 8 punti percentuali in soli due anni. Il fenomeno è estremamente interessante, ma purtroppo non gli viene data alcuna spiegazione.

Con i limiti tecnici sopra indicati ci sembra che le tesi sostenute nell’articolo siano delle autorevoli opinioni dell’autore, come tali rispettabilissime, ma che non si possa asserire che siano fondate e corroborate dai risultati di una ricerca che rappresenterebbe il pensiero degli italiani intervistati.

Come evidenziato, la “marginalità del ruolo del Parlamento”, la “sospensione della Democrazia”, la “sospensione delle regole in caso di emergenza” poggiano su domande di contenuto generico e non univoco  che rendono aleatoria l’interpretazione; la “domanda di un leader forte accolta con favore dalla maggioranza dei cittadini" risulta non interpretabile perché l’aggettivo “forte” è privo di un significato definito, mentre quella che "il 38% ritiene il ruolo dei partiti poco importante, se non dannoso, per il funzionamento della democrazia" al momento risulta tutta da dimostrare.

Come tali il loro contenuto non appare politicamente e teoricamente spendibile.

Resta comunque la notevole rilevanza dei temi trattati, che ci auguriamo possano generare un approfondito e ponderato dibattito su la Repubblica, possibilmente … senza utilizzare titoli ad effetto, che attirano l’attenzione, ma non aiutano a chiarire le idee.

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