Salta

Perché un organismo europeo per governare le emergenze sanitarie? Il punto di vista dell’ospedale

Di Francesco Talarico,
Direttore sanitario presidio ospedaliero De Lellis, azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio Catanzaro

La pandemia, in base alla parola stessa, è un’emergenza sanitaria di tipo globale e, in quanto tale, necessita di interventi coordinati a livello sovranazionale per poter essere efficacemente fronteggiata. Non a caso la Cina è stata criticata proprio per non aver tempestivamente informato gli altri stati sull’andamento dell’epidemia, senza dare loro la possibilità di organizzarsi in modo adeguato. Anche la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha dimostrato i suoi limiti, legati in particolar modo alla mancanza di un reale peso politico che possa positivamente condizionare l’efficacia degli interventi.

Le epidemie devono essere prevenute e non subite. Pertanto esiste la necessità di monitoraggio in continuo dell’incidenza delle malattie infettive per cogliere tempestivamente nuovi focolai. Tale ruolo in Europa è affidato all’ECDC che presenta gravi difficoltà operative legate anche ad un drammatico sottofinanziamento e finisce per essere ancillare all’OMS, anche rispetto al reperimento dei dati epidemiologici. L’Europa non può aspettare i tempi dell’OMS perché esiste la necessità di interventi tempestivi e coordinati: il tempo di reazione è tutto nelle epidemie. Altrimenti il rischio è che l’epidemia avanzi rapidamente come una marea montante e gli ospedali vengano lasciati soli a fare da fragili dighe al dilagare epidemico, con le gravi conseguenze che tutti conosciamo.

Di fronte ad una nuova malattia esiste una difficoltà concreta di reperimento di kit diagnostici che possano consentire una diagnosi precoce. Solo agendo su scala europea è possibile individuare laboratori ultraspecialistici che possano fare diagnosi anche di malattie nuove o semisconosciute.

Immediate (ed univoche) indicazioni sulle procedure da adottare sia standard che specifiche (es modalità di isolamento, uso dei DPI) sono un ‘altra impellenza senza la quale si rischia la confusione come quella verificatasi all’inizio dell’epidemia, anche tra gli operatori sanitari, sulle tipologie di mascherine da utilizzare. Tali indicazioni non possono essere lasciate ai singoli stati o, peggio ancora, alle singole regioni ma devono essere il risultato del confronto, al massimo livello tecnico possibile presso autorità sovranazionali.

In questa pandemia, sugli aspetti prettamente sanitari, la catena di comando è stata accorciata ma è risultata ancora troppo lunga. Nell’ambito di questa emergenza, per noi direttori di ospedali la risorsa in termini di linee-guida era il Ministero della Salute, bypassando di fatto le Regioni.  Ogni giorno ci collegavamo al sito del ministero per scaricare una nuova circolare. Tuttavia un ministero ed un sistema sanitario nella loro complessità ci mettono tempo ad organizzarsi mentre l’epidemia non aspetta. Pertanto, soprattutto in fase iniziale, è necessario ricevere indicazioni dirette da una task-force agile con poteri sovranazionali che si ponga in diretto contatto ed assuma la catena di comando delle strutture coinvolte nella primissima fase dell’epidemia che rappresenta la “golden hour” per circoscriverne la diffusione e minimizzarne le conseguenze.

La necessità di disponibilità immediata riguarda non solo le competenze ma anche strutture e tecnologie. Già all’inizio dell’epidemia in Italia, ovvero i primi di febbraio, erano scomparsi dal mercato alcuni presidi essenziali. Molti ospedali non hanno reperito una tenda per il triage a pressione negativa e sono stati costretti ad utilizzare tende, magari prestate dalla protezione civile, senza pressione negativa, ne’ hanno trovato barelle di bio-contenimento per il trasporto in sicurezza dei pazienti Covid. Di difficile reperimento anche le TAC mobili da affiancare ai presidi di triage.  Un organismo europeo sovranazionale avrebbe una riserva permanente di queste tecnologie da mettere a disposizione delle strutture coinvolte, unitamente ad una riserva di kit diagnostici (o immediato accesso a laboratori specialistici) ed altri DPI (ad esempio le famigerate mascherine ffp2 o ffp3).

In fase di stato la catena di comando potrebbe passare ai singoli stati mantenendo però supervisione e coordinamento a livello sovranazionale europeo.

Quelli fin qui descritti sono gli interventi ad emergenza iniziata: tuttavia per gestire una emergenza in modo adeguato è necessaria un’adeguata preparazione da curare preliminarmente e costantemente.

Pertanto al di fuori delle emergenze è necessario che questo organismo di occupi di tutte le fasi preparatorie all’eventuale emergenza. Gli interventi possono essere di carattere educativo e formativo e di supporto alle politiche di assistenza ad es.:

  • sensibilizzare e formare gli operatori sanitari alle corrette norme igieniche (in primis lavaggio delle mani, da anni predicato, mai sufficientemente praticato, e diventato improvvisamente popolare con il COVID)
  • sensibilizzare e formare gli operatori sanitari alla pratica  vaccinale (strano a dirsi ma la cultura di vaccinarsi anche tra gli operatori sanitari non è ancora abbastanza diffusa)
  • sensibilizzare e supportare i governi nazionali all’adozione di modelli assistenziali adeguati. È ormai noto che modelli assistenziali ospedalo-centrici e sprovvisti di una adeguata rete territoriale e domiciliare sono quelli che hanno sofferto maggiormente in questo frangente

La drammatica esperienza che abbiamo vissuto potrebbe aiutarci a trovare terreno fertile per questa campagna di sensibilizzazione.

Inoltre un organismo europeo specializzato nelle emergenze transnazionali avrebbe il compito di effettuare continue analisi di scenario a fronte dell’evolversi della situazione epidemiologica.

Ragionando in un’ottica sistemica possiamo dire che in campo epidemico la capacità di resistere può essere paragonata ad una catena la cui resistenza complessiva è legata agli anelli più deboli e non a quelli più forti. Adeguate misure di contenimento attuate negli stati più evoluti verrebbero vanificate se negli stati con sistemi sanitari meno performanti l’epidemia continuasse a svilupparsi, coinvolgendo fatalmente gli altri paesi. Pertanto tale organismo dovrebbe supportare in modo particolare gli anelli deboli del sistema ovvero i paesi con i sistemi sanitari meno evoluti che potrebbero essere maggiormente vulnerabili all’impatto dell’epidemia e diventare la porta d’ingresso di un contagio a rapida diffusione internazionale. Se questa epidemia ci ha insegnato qualcosa possiamo dire che concentrazione di competenze di alto livello, visione sistemica transnazionale, approccio universalistico e solidaristico potrebbero essere le carte vincenti che abbiamo in mano per affrontare in un modo adeguato le sfide epidemiche del futuro.

Mai come nel caso delle epidemie il battito d’ali di farfalle può provocare un uragano

Sostenere e firmare la proposta di + Europa di costituire un organismo europeo che si occupi delle emergenze sanitarie transnazionali significa scommettere sulla capacità che abbiamo di governare gli uragani evitando di esserne travolti.

 

 

Continua a leggere

Ultime News

Scrivi un commento

Controlla la tua e-mail per un collegamento per attivare il tuo account.