Di Yuri Guaiana
Nel mese che segna il secondo anniversario della prima risoluzione polacca, nella contea di ?widnik, sulle cosiddette zone «libere da LGBT», il Parlamento europeo ha dichiarato l'UE una zona di libertà per tutte le persone LGBTI.
Promotore dell’iniziativa – che ha preso la forma di una risoluzione passata con 492 voti favorevoli, 141 contrari (tra cui Lega e Fratelli d’Italia) e 46 astensioni (tra cui gli eurodeputati di Forza Italia, tranne uno che ha votato contro) – è l’eurodeputato liberale di Renew Europe Pierre Karleskind. Nato a Melun, capoluogo del dipartimento di Senna e Marna nella regione dell’Île-de-France, nel 1979, l’on. Karleskind entra in politica nel Partito Socialista per poi passare a La République En Marche nel 2016 ed essere eletto al Parlamento europeo nel 2019.
L’ho raggiunto per chiedergli che significato dare a questa risoluzione. Il Parlamento europeo ha inviato «un messaggio forte e chiaro alle persone LGBTIQ in tutta Europa», mi ha detto l’eurodeputato di Renew Europe, aggiungendo: «La vostra libertà è importante, la vostra libertà prevarrà! Che questo voto sia il punto di partenza di un inarrestabile contrattacco di libertà contro l'odio in ogni angolo della nostra Unione. Potete contare su di me per condurre questa lotta».
Non è un caso che l’iniziativa nasca nel seno del gruppo liberale al parlamento europeo: dopo due anni in cui la parola «libertà» viene usata come un’arma contundente contro le persone LGBTI in alcune parti d’Europa, Renew Europe, il partito della libertà, ha voluto riappropriarsi di questo concetto con un’iniziativa che va nel senso del pieno rispetto dei diritti umani fondamentali che stanno al centro del progetto politico europeo.
«Questa risoluzione deve suonare la carica della libertà contro l’odio», ha infatti detto Karleskind nel suo intervento in aula. Libertà di essere chi si è. Libertà di amare. Libertà di camminare per le strade europee senza paura. Libertà di costruire la propria famiglia.
La risoluzione contiene un solo articolo: «il Parlamento europeo dichiara che l'Unione europea è uno spazio di libertà per le persone LGBTIQ».
Il valore del documento è quindi prevalentemente simbolico, certo, ma anche le risoluzioni approvate in alcuni comuni polacchi contro la cosiddetta «ideologia LGBT» e sulle cosiddette zone «libere da LGBT» erano per lo più simboliche e i loro effetti sono sotto gli occhi di tutti: aumento degli attacchi discriminatori contro le persone Lgbti, arresti degli attivisti, aggressioni, divieti ai Pride.
E quanto sta accadendo in Polonia, con l’ultimo esempio del segretario di Stato francese Clément Beaune che non ha potuto visitare una delle zone «libere da LGBT» durante la sua visita, è solo la punta dell’Iceberg. In Paesi come l’Italia, i figli delle coppie dello stesso sesso non godono ancora delle stesse tutele degli altri bambini. Come ricorda ILGA-Europe, la più importante rete europea di associazioni lgbt, essi possono anche «perdere un genitore semplicemente spostandosi da un Paese all’altro dell’UE». Inoltre, «la Repubblica Ceca, la Finlandia, la Lettonia, la Romania e la Slovacchia richiedono ancora che le persone trans siano sterilizzate prima di avere accesso al riconoscimento legale del genere, mentre l’Ungheria l’anno scorso ha abolito qualsiasi procedura per far riconoscere il genere legale alle persone trans».
La risoluzione del Parlamento europeo è stata accompagnata da una grande campagna, a cui ha aderito anche +Europa con il suo segretario e sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e i suoi militanti in tutta Italia, che ha coinvolto ben 22 commissari su 27, inclusa la presidente Ursula von der Leyen. Si tratta quindi di «un messaggio chiaro e potente ai governi che il Parlamento europeo non tollererà più la retorica pericolosa e mortale che attacca la libertà di milioni di cittadini di essere chi sono, di amare, di avere una famiglia. Questa è una promessa che facciamo a tutte le persone LGBTIQ in Europa. Una promessa che il Parlamento europeo starà dalla parte della libertà e questo è un inizio», ha detto sempre Karleskind nel suo intervento in aula.