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No alla riduzione dei parlamentari eletti all'estero. Non siamo italiani di Serie B

di Benedetta Dentamaro, Gruppo +Europa Bruxelles

Si discute al Senato la proposta di legge costituzionale (a firma M5S, Lega e FI) sulla riduzione del numero dei parlamentari, che prevede per quelli eletti all'estero una falcidie del 30% dei seggi. Si passerebbe, infatti, dagli attuali 18 a 12 complessivamente tra le due camere.
Condivido che sia opportuno ridimensionare il parlamento italiano (ma in quest'ottica, perché non proporre l'abolizione del Senato?). Tuttavia, dove non vi sono margini per ulteriori economie è la circoscrizione estero, a meno di non fare una profonda riflessione sul tema della rappresentanza degli italiani emigrati, del ruolo dei Comitati degli italiani all'estero (Comites) e del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), riflessione invece del tutto assente dal dibattito politico.
Come ricorda il CGIE, quando la nostra circoscrizione elettorale fu creata, il rapporto tra seggi e cittadini era di 1 eletto ogni 150.000 residenti all'estero, mentre in Italia il rapporto era di 1 a 50.600, vale a dire che i residenti all'estero erano fortemente sottorappresentati rispetto ai connazionali.
La situazione si è aggravata nel corso degli anni.
Dal 2006 al 2018 il numero degli italiani iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) è aumentato del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni a più di 5,1 milioni. Quindi, attualmente gli italiani ufficialmente registrati all'estero corrispondono all’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia (fonte: “Rapporto Italiani nel Mondo”, Fondazione Migrantes 2018).
Mentre la popolazione elettorale in Italia si è ridotta dell'1%, quella all'estero è in costante aumento. Attualmente un parlamentare eletto in Italia rappresenta 96.000 abitanti, mentre uno eletto all'estero ne rappresenta 686.500.
Quindi, anziché proporre la riduzione dei seggi esteri, sarebbe più ragionevole e rispettoso del diritto di voto, costituzionalmente garantito agli italiani all'estero, proporne l'aumento.
Inoltre, bisognerebbe rimuovere una menomazione del principio di rappresentanza introdotto per la prima volta alle ultime politiche: la possibilità per un cittadino residente in Italia di candidarsi nella circoscrizione estero. Questa possibilità (cui non corrisponde l'eleggibilità in Italia di un residente all'estero) spezza il legame tra candidato e territorio, tra rappresentanti e rappresentati; un legame già fortemente compromesso dalla vastità ed eterogeneità della circoscrizione estero, che è suddivisa in ripartizioni che corrispondono a interi continenti.

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