Di Yuri Guaiana
Due giorni fa, durante la 3 sessione del tredicesimo Congresso nazionale dei rappresentanti del popolo, la più alta istituzione statale e l'unica camera legislativa della Repubblica Popolare Cinese, è stata depositata una nuova legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong.
Nella bozza depositata, emerge che la legge verrà aggiunta all'Allegato 3 della mini Costituzione locale bypassando così lo scrutinio del parlamentino dell'ex colonia che sarà rinnovato a settembre. Secondo Martin Lee, fondatore del Partito Democratico nel 1994, questo meccanismo può essere usato solo per questioni di difesa e gli affari esteri, non di sicurezza nazionale.
Il governo cinese, che spinge Hong Kong a legiferasse in materia di sicurezza nazionale dal 2003, ha quindi decisod’imporre unilateralmente la controversa legge, che ha suscitato molte proteste tra i cittadini di Hong Kong, con la complicità della governatrice filo-cinese Carrie Lam, la quale ha immediatamente dichiarato che “collaborerà pienamente con il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo per completare al più presto la legislazione pertinente”.
La decisione di Pechino spazza via la Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984, registrata all’ONU nel 1985 e oggi ancora in vigore, che garantisce all’ex-colonia britannica 50 anni di autonomia con tutti i diritti e le libertà civili in vigore ini epoca coloniale. Secondo Lee, l'aspetto più agghiacciante della mossa cinese è che "hanno creato un precedente affinché Pechino possa legiferare per conto di Hong Kong".
L’ex-colonia britannica ha una propria forza di polizia, una magistratura indipendente e la libertà di espressione, che sono stati fondamentali per farla emergere come polo finanziario e commerciale internazionale.
"Deng Xiaoping voleva un paese e due sistemi perché voleva che la Cina cambiasse", ha dichiarato Lee al Guardian"Ora la Cina non rispetta più nemmeno le sue stesse regole”.
Secondo 186 giuristi, parlamentari ed esperti di politica internazionale di 23 Paesi – tra cui, naturalmente, non figura alcun italiano – si tratta di un "attacco generalizzatoall'autonomia della città, allo stato di diritto e alle libertà fondamentali” e "non può essere tollerato”.
La legge sanzionerà secessione, eversione contro lo Stato, terrorismo e interferenze straniere, fattispecie spesso usate per arrestare e mettere a tacere i critici del governo cinese. La proposta di legge consente anche l'apertura nella città di un Ufficio sulla sicurezza nazionale di Pechino, senza le autorizzazioni che devono essere richieste al governo locale.
Il vice primo ministro cinese Han Zheng ha assicurato che la legge colpirà solo "un piccolo gruppo di persone" e non inciderà sul benessere dei cittadini comuni. Ma le autorità di Hong Kong hanno già chiarito che useranno i loro nuovi poteri per reprimere le proteste di massa a favore della democrazia.Altro che “piccolo gruppo di persone”.
"Questa è la minaccia più grave per la popolazione di Hong Kong che ci sia stata da parte del governo cinese dal 1997", ha detto Malcolm Rifkind, ex segretario agli esteri del Regno Unito. "Il popolo di Hong Kong ha bisogno, e merita, il nostro sostegno”.
Come co-firmatario della Dichiarazione congiunta sino-britannica, il governo di Sua Maestà potrebbe invocare il diritto internazionale per garantirne il rispetto, ma per ora si è limitato a blande dichiarazioni, interpretate a Hong Kong come unatacita accettazione della posizione di Pechino. Dopotutto, rifiutare di far rispettare la dichiarazione del 1984 è un invito a violarla senza alcuna ripercussione. Pechino sa che la Gran Bretagna non agirà, quindi si comporta come se il trattato non esistesse affatto.
Oggi la polizia ha usato gas lacrimogeni e idranti contro gli attivisti per la democrazia di Hong Kong che hanno ripreso a manifestare come prima della pandemia. L’obiettivo degli organizzatori era dare vita a una marcia non autorizzata per dimostrare alla comunità internazionale di aver intenzione di andare avanti nella lotta per la democrazia e invocarne il sostegno. "Questa legge minaccia non solo la libertà di Hong Kong, ma anche gli interessi della comunità internazionale nella città", ha dichiarato Joshua Wong a Business Insider.
"Chiedo quindi ai capi di governo del mondo, e in particolare alla Cancelliera Angela Merkel e ai capi di Stato europei, di opporsi a questa legge draconiana e di invitare la Cina a rispettare il diritto internazionale”.
Il silenzio assordante dell’Italia, e del Ministro degli Esteri sempre pronto a profondere lodi sperticate al governo cinese, è un insulto alla solidarietà democratica internazionale e finisce per renderci complici di Pechino.