di Emma Bonino
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Mentre in molte parti del continente europeo vengono alzati muri e fili spinati (intorno alla piccola enclave di Ceuta e Melilla, in Ungheria per 175 chilometri, in Bulgaria per 176 e più recentemente tra Polonia – Bielorussia con le relative tragedie, cui si aggiunge il perenne muro liquido del Mediterraneo con naufragi, annegamenti, eccetera) anche per coloro che riescono ad entrare la vita è grama. Prendiamo l’Italia.
Sono ancora decine di migliaia i lavoratori e le lavoratrici irregolari che oltre un anno e mezzo fa hanno fatto domanda per essere assunti dai propri datori di lavoro, ottenere il permesso di soggiorno e tornare nella legalità, ma i ritardi pesantissimi delle Prefetture e degli altri uffici coinvolti nell’esame delle domande stanno rallentando e ostacolando l’integrazione di queste persone. Poco più di un terzo delle 230 mila pratiche è stato finalizzato finora da parte delle Prefetture. Di fronte a tale situazione, grave e ingiusta, è necessario adottare alcune misure urgenti e ripristinare un po' di equità nei confronti non solo di questi cittadini - a cui la pubblica amministrazione non dà risposte e, anzi, crea complicazioni - ma anche dei datori di lavoro, che sono per lo più famiglie in attesa di poter rendere stabile il rapporto di lavoro con badanti, babysitter e le altre figure impiegate nelle nostre case. Grazie al lavoro della campagna Ero straniero (promossa da Radicali italiani, A buon diritto, Action Aid, Centro Astalli, Oxfam, Casa della carità, Arci e altre organizzazioni) abbiamo potuto monitorare tutta la procedura e mettere a fuoco quali sono i punti critici su cui bisogna intervenire nei prossimi giorni. Innanzitutto, come prevede il primo dei tre emendamenti (a mia firma), vanno stanziate le risorse necessarie a prorogare almeno per il 2022 i contratti degli interinali già assunti presso gli uffici del ministero dell'interno proprio per occuparsi di queste domande e tamponare il perenne sotto organico delle prefetture. I contratti scadono nel 2021 ma senza il loro apporto l’esame delle pratiche rischia di fermarsi del tutto, soprattutto nelle grandi città (a Milano, delle oltre 25 mila domande ricevute, circa 2.500 sono state definite; a Roma su oltre 17 mila domande, siamo a poco più di mille). Abbiamo poi sottoscritto un secondo emendamento – prima firmataria Loredana De Petris - per tutelare chi ha presentato la domanda di emersione ma poi, a causa dei tempi lunghi delle risposte, ha perso uno o più requisiti necessari per completare la procedura: in molti casi, per esempio, lo stesso datore di lavoro si è tirato indietro, non avendo più bisogno di assumere una persona. Crediamo che a queste persone vada dato in ogni caso un permesso di soggiorno, in attesa che trovino un altro impiego: un intervento di questo tipo, del resto, è stato già fatto a seguito della sanatoria del 2012. L’ultima proposta è più ambiziosa ma non per questo dovrebbe spaventare parlamento e governo, essendo un intervento di buon senso e vantaggioso per il Paese in termini di entrate fiscali e contributive e di stabilità sociale. Se è vero - come ha dimostrato l’Inps - che a ogni sanatoria aderiscono centinaia di migliaia di persone che poi rimangono a lungo a vivere e lavorare dignitosamente nel nostro paese, contribuendo in maniera importante al nostro Pil e al nostro sistema pensionistico, non sarebbe meglio introdurre la possibilità di mettersi in regola se si ha la disponibilità di un contratto di lavoro in qualsiasi momento, senza dover aspettare la sanatoria successiva? Questo prevede il terzo emendamento: l’introduzione di una procedura permanente di regolarizzazione a fronte di un lavoro, non legata a una misura straordinaria e a una determinata finestra temporale né limitata solo ad alcuni settori produttivi. Cosa che del resto avviene in Germania e ha dimostrato di funzionare.
In queste ora il Senato ha, dunque, un'occasione importante, da non sprecare: intervenire per migliorare l'efficienza della nostra amministrazione e per consentire di rientrare nell'economia legale a migliaia di persone indispensabili, soprattutto in questo momento, per la ripresa e lo sviluppo del nostro Paese.