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Sui referendum giustizia manca la discussione pubblica. Così vince l’astensione

Intervista di Benedetto Della Vedova a Giovanna Casadio, La Repubblica

Il referendum sulla giustizia è assente dalla discussione pubblica, resta in una ristrettissima cerchia della politica, quindi l’astensione ha gioco facile». È l’atto d’accusa di Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, di +Europa, il partito che con Azione di Calenda e con Italia Viva di Renzi, sostiene i cinque quesiti referendari promossi da Radicali e Lega.

Della Vedova, la distanza per raggiungere il quorum sul referendum sulla giustizia è siderale.

«Ho una certa esperienza di referendum e so benissimo quanto sia complicato raggiungere il quorum, soprattutto in un contesto in cui i quesiti sulla giustizia sono assenti dal discorso pubblico, se non nella ristrettissima cerchia della politica. Nel 1987 il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, insieme a quello sul nucleare, fu partecipatissimo. Oggi i quesiti hanno inevitabilmente un profilo tecnico. Se fossero stati posti con i referendum su cannabis e eutanasia, di grande impatto sociale e di immediata comprensione, sarebbe stata tutt’altra storia».

La colpa è del tecnicismo dei quesiti se vincerà l’astensione?

«Siamo a due settimane dal voto e, a parte le tribune tv che hanno ascolti bassissimi, non c’è un vero dibattito. Si parla tanto di giustizia e niente di referendum. E i partiti che non vogliono prendere, o non sono in grado di prendere, una posizione netta, puntano sull’astensione. Penso al Pd. Il segretario Enrico Letta ha detto che il Pd è per il No, anche se molti politici dem parteciperanno e voteranno Sì. Se il Pd continua a scommettere sull’alleanza politica con i 5Stelle, ne esce paralizzato su temi come la giustizia».

Neppure tra gli elettori della Lega, che pure è tra i promotori, c’è grande entusiasmo referendario.

«I leghisti hanno cavalcato il tema durante la raccolta delle firme e poi hanno coinvolto i consigli regionali, a cui si deve formalmente la proposta. Neppure la Lega ne ha fatto una priorità. Mi auguro che, comunque vada, resti una spinta garantista a chi come Salvini non è un grande testimonial del garantismo, basti ricordare le politiche sui migranti».

Pensa che almeno uno dei 5 quesiti possa ottenere il quorum?

«Non poniamo limiti alla laica Provvidenza».

Ma i referendum sulla giustizia non minano la credibilità della riforma Cartabia, che si sta votando in Parlamento?

«No. Al netto dell’affluenza, vedremo i risultati e quanti milioni di Sì ci saranno. Comunque il referendum noi non l’abbiamo inteso come una sorta di alternativa alla riforma Cartabia, che risente dei limiti di questa maggioranza dove c’è un po’ di tutto. I quesiti referendari sono più incisivi e radicali».

Cosa accadrà se il referendum finisse in un nulla di fatto?

«Si sprecherebbe un’occasione. Ci sono intanto 15 giorni, si vota in un giorno solo ma con l’abbinamento alle amministrative, e noi di +Europa e Azione abbiamo in programma un fine settimana di mobilitazione per spiegare le ragioni dei 5 referendum che si terranno il 12 giugno. Faremo banchetti da Milano a Roma a Napoli, a Trieste. Io sarò con Calenda sabato in largo Argentina a Roma con Riccardo Magi e Enrico Costa».

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-05-27 10:51:12 +0200