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Limiti della fissione, speranze nella fusione: Nucleare oltre l’ideologia

Di Annalisa Nalin e Paolo Costanzo

Nucleare: quarta, nuova, ultima generazione, dalla fissione alla fusione!? È in corso un dibattito reale con soluzioni a portata di mano? Non sembra.

Le centrali da fusione sono ancora in fase di studio e di sperimentazione per almeno i prossimi 30 anni. Nel campo della fissione, invece, i cosiddetti SMR, impianti modulari di piccola taglia, se interessanti in prospettiva e con alcuni produttori pronti a sostenerne lo sviluppo, ad oggi non sono ancora commerciali. Nell’ipotesi ottimistica occorrono 15 anni, mentre la transizione deve avvenire ora.

La Francia ed altri dieci paesi hanno chiesto all’UE una spinta per progetti congiunti sull’energia nucleare. Gli altri 16 Stati, tra cui l’Italia, al momento ne stanno fuori.

Da tempo, peraltro, la Germania ha deciso di uscire definitivamente dal nucleare. Svezia, Belgio, Spagna e Svizzera non costruiranno nuovi impianti a fine vita dei propri reattori. Anche il Giappone, un tempo leader sul fronte nucleare, manifesta dubbi su riaperture e completamenti di impianti.

Ci sono, comunque, circa 60 reattori in costruzione nel mondo (1/3 in Cina) e alcuni Paesi, come Turchia ed Egitto, hanno deciso recentemente di investire sul nucleare. D’altro canto, il parco dei reattori in esercizio a livello globale sta invecchiando e i fondi di ricerca sono drasticamente diminuiti.

Nel 2021 l’energia nucleare ha rappresentato il 10% della produzione elettrica mondiale (in contrazione). La Francia è capofila con il 70%, mentre gli USA sono al 20%. Il modello francese, tuttavia, è in forte difficoltà, tant’è che EDF, la società nazionale di produzione energetica, ha registrato nel 2022 perdite per 17,9 miliardi con un output nucleare crollato del 30% a causa di manutenzioni e/o riparazioni su oltre la metà dei suoi 56 reattori. Una conferma questa che costi, investimenti e manutenzioni sono insostenibili in assenza della mano pubblica. Per questo anche in Italia una scelta pro-nucleare richiederebbe una statalizzazione dell’energia come è avvenuto per la produzione francese dove il governo ha riacquistato le quote di EDF per far fronte a investimenti non digeriti dal mercato. Una tale opzione, inoltre, andrebbe contro le politiche di liberalizzazione degli ultimi 20 anni.

Da non sottovalutare pure il forte consumo di acqua in un crescente regime di scarsità per il surriscaldamento del pianeta, che potrebbe incidere pesantemente sulla produzione nucleare per fissione. Non dimentichiamoci poi la scarsa flessibilità per l’uscita da questa tecnologia in caso di nuove valutazioni strategiche. Se l’energia nucleare di quarta generazione è considerata green in termini di emissioni CO2, ritardare la transizione per attendere le “nuove” tecnologie ha un costo sociale potenzialmente elevatissimo.

Consideriamo, inoltre, che la materia prima imprescindibile è l’uranio. Già attualmente la sua produzione annuale viene assorbita dai 450 reattori presenti nel mondo e si stima una quantità di uranio sufficiente solo per prossimi 90/120 anni a livello globale, peraltro non presente in Italia.

Costi e tempi di realizzazione: l’impianto finlandese “Olkiluoto 3”, in funzione dal gen. 2022, ha richiesto enormi investimenti per 11 mld e 16 anni per la costruzione, senza contare i tempi di progettazione. In Francia la centrale di Flamanville, iniziata nel 2007 e ancora in fase di finalizzazione, è costata 12,7 mld contro i 3,3 mld inizialmente stimati.

Sicurezza: il nucleare è interdipendente, un eventuale drammatico incidente in una centrale avrebbe ricadute anche su altri paesi. Si aggiunge l’irrisolta questione della messa in sicurezza delle scorie radioattive unitamente al tema dello smantellamento delle vecchie centrali.

In conclusione, l’obiettivo di neutralità climatica per il 2050 richiede un serio dibattito, privo di affermazioni semplicistiche e ideologiche come “nucleare domani” o “nucleare mai”, per non incorrere in decisioni sbagliate e irreversibili. Gli investimenti nella ricerca e nella sperimentazione rimangono essenziali come pure la penetrazione delle rinnovabili, affiancata alla temporanea diversificazione con il gas e l’introduzione dell’idrogeno, così come previsto dalla strategia per la transizione ecologica disegnata dalla Commissione europea.

 

 

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2023-03-03 12:30:56 +0100