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Le nuove misure anti-Covid, luci e ombre.

Di Giordano Masini

Le misure varate ieri dal Governo per contrastare l’impennata dei contagi conseguente alla comparsa della variante Omicron non sono severe, rischiano semmai di essere tardive. Le stime dell’ISS diffuse ieri (incidenza di omicron al 28%, dopo che era sta misurata allo 0,2% l’ultima volta il 6 dicembre) suggeriscono che oggi (24 dicembre) la stessa incidenza potrebbe essere triplicata, seguendo la stessa linea esponenziale. Una simile diffusione dei contagi, con questa velocità, anche qualora la severità della malattia indotta dalla variante Omicron fosse mediamente più bassa, come indicano i dati da Sudafrica e Uk, rischia comunque di portare al collasso il sistema sanitario: una piccola percentuale di un numero molto grande è comunque un numero grande, forse insostenibile.

È corretto continuare a mettere i vaccini al centro della strategia di contenimento e contrasto della pandemia: se le terze dosi offrono una protezione significativa, è giusto ridurre a quattro mesi la distanza tra seconda dose e booster. È necessario farlo per tutte le classi d’età, aprendo da subito le prenotazioni anche per gli under 18.

È inevitabile, dal momento che non sono previste restrizioni agli eventi e alle feste al chiuso, limitare a chi ha ricevuto tre dosi la possibilità di accesso a locali nei quali si svolgono, chiedendo agli altri l’esibizione di un test, così come per le RSA. In questo caso però il rischio è quello, già tangibile allo stato attuale, di rendere in poco tempo irreperibili gli stessi test, complicando le cose soprattutto a chi ha bisogno di fare un tampone per una diagnosi. Meno coerente con questo principio sembra essere l’esclusione da questa misura dei bar e dei ristoranti, per accedere ai quali invece è previsto il green pass rafforzato che esclude proprio il tampone.

Essenziale la previsione dell’uso di mascherine ffp2 per alcuni luoghi chiusi come i mezzi pubblici (sarebbe stato probabilmente meglio per tutti i luoghi chiusi). Anche l’uso di mascherine all’aperto, in presenza di una variante contagiosa come Omicron e in città che in questi giorni sono più affollate del solito, è tutt’altro che esagerato.

Sulla scuola, finalmente c’è l’impegno a intensificare l’attività di test tra gli studenti, (con Più Europa lo chiedevano dall’apertura delle scuole, e lo avevamo chiesto anche lo scorso anno) anche se probabilmente le risorse stanziate per sostenere le regioni in questa attività nella quale finora siamo stati molto carenti (9 milioni di euro) rischiano di essere troppo poche.

È corretto, lo ha fatto Draghi in conferenza stampa l’altro ieri, insistere sulla necessità di salvaguardare la crescita economica, che in un paese come il nostro che stagna da decenni è un miracolo che non si può mettere a repentaglio a cuor leggero, e quindi lo sforzo di evitare chiusure più o meno generalizzate è apprezzabile. Però, questo va detto, ci siamo giocati il vantaggio che avevamo con molti altri paesi europei aspettando troppo a proporre nuove misure adeguate alla nuova situazione, continuando a fondarci su un dato evidentemente inverosimile sulla diffusione di Omicron (lo 0,2% di inizio dicembre) fino a pochi giorni fa.

Per questo, il rischio è che oggi non si stia facendo troppo, ma ancora troppo poco. Per questo, è essenziale che tutti usiamo, nei giorni a venire, il massimo del buon senso, della prudenza e dell’autocontrollo.

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