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L'alleanza era chiara sin dal primo incontro, lui ha cambiato idea ma non lo seguiremo

Intervista di Benedetto Della Vedova al Corriere Della Sera

Benedetto Della Vedova, segretario di + Europa, e adesso che succede?

«Noi martedì abbiamo sottoscritto un patto elettorale e di governo con Enrico Letta per proseguire le politiche di Draghi. E lo rispettiamo».

E Carlo Calenda? E’ federato con voi, ma quel patto lo ha rotto.

«Sono stupito».

Perché?  Calenda, tra le altre, ha detto che non vuole stare in una coalizione con chi non ha votato la fiducia al governo Draghi?

«Poteva dirlo prima».

In che senso?

«Che era tutto chiaro, dall’inizio alla fine».

Si spieghi meglio. 

«Le presenze di Bonelli, Fratoianni e anche del movimento di Di Maio erano note. Dal primo all’ultimo incontro che abbiamo avuto con Letta».

Dunque non è stato un fulmine a ciel sereno, Calenda sapeva?

«Assolutamente sì. Tutti gli aspetti  erano chiarissimi e non ci sono state sorprese e novità dell’ultima ora».

E allora cosa è successo a Calenda?

«Non lo so».

Non immagina qualcosa?

«E’ evidente che ha avuto un ripensamento. Lo rispetto. Ma non può dire che non sapeva».

Ha provato a convincerlo di non fare lo strappo?

«Fino all’ultimo».

Calenda ha cercato di far  rompere il patto anche a voi?

«Si. ha cercato di convincerci che bisognasse fare la scelta che poi lui ha fatto. Ma per noi non è praticabile. La politica seria vuol dire che prendi una decisione e poi la porti avanti».

Secondo lei può esserci stato qualche sondaggio che ha spinto Calenda alla rottura?

«Noi i sondaggi non li abbiamo visti. Ma al di la di questi c’è un punto importante della tecnicality elettorali che finisce per essere un punto politico decisivo: una presentazione autonoma è un regalo a Salvini e Meloni perché la legge elettorale è implacabile in questo senso». 

Ma come si è arrivati all’intesa di Azione e +Europa con il Pd? 

«Comincio dal principio».

E cioè?

«Da quando noi di +Europa  e Carlo Calenda, subito  dopo la caduta del governo Draghi,  abbiamo discusso due ipotesi per le elezioni».

Quali?

«La prima era che ci presentassimo come terzo polo liberal democratico, ovvero correre da soli. E la seconda era quella di fare un accordo con Letta che, come noi, ha sostenuto Draghi dal primo giorno fino all’ultimo. E siccome era un fatto rilevante abbiamo discusso per un po’».

Ed avete deciso di andare con il Pd di Letta.

«Certo, il motivo per cui abbiamo deciso per il patto è proprio quello che ho detto prima: una presentazione autonoma era un regalo alla destra».

Quindi cosa avete fatto?

«Ci siamo presentati da Letta con un documento scritto da Calenda: è stata la rielaborazione consensuale di quel documento la base del nostro patto. Dentro c’era tutto quello che voleva lui».

Ovvero?

«I rigassificatori, il Pnrr, la revisione del reddito di cittadinanza, una politica di bilancio improntata alla responsabilità. Poi abbiamo chiarito che non un voto di +Europa e Azione doveva andare a chi non aveva votato la fiducia a Draghi. Così è  stato: nessuno dei leader della coalizione si doveva candidare nei collegi uninominali».

E così è stato. Dopo che è successo ancora?

«Venerdì abbiamo avuto l’incontro con Letta  e abbiamo ribadito che doveva essere chiara l’asimmetria che c’era tra noi e le alleanze che stava facendo. Cosa che Letta ha sottolineato chiaramente».

E alla fine?

«Avremmo potuto essere i protagonisti liberal democratici di questa sfida elettorale senza fare favori a Salvini e a Meloni che purtroppo oggi festeggeranno».

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-08-08 09:54:58 +0200