Di Paolo Costanzo
Le possibili soluzioni alla crisi energetica
Contrariamente all’opinione comune, negli ultimi mesi il prezzo del petrolio ha registrato un drastico ridimensionamento inducendo il cartello OPEC a ridurne la produzione. Anche i prezzi delle altre materie prime, rame e altri metalli ferrosi e non ferrosi sono calati di oltre il 25 per cento negli ultimi tre mesi. Solo i prezzi delle materie prime agricole mostrano un certo incremento. Tale dinamica è spiegata dal rallentamento del ciclo economico mondiale e dalla crescita dei tassi d’interesse. Il dollaro, dopo la forte rivalutazione degli ultimi mesi, appare estremamente sopravvalutato ed è probabile che la quotazione dell’euro possa riprendersi, raffreddando ulteriormente i prezzi delle materie prime espressi nella moneta europea.
A differenza che in passato, il prezzo del gas ha subito oscillazioni in maniera asincrona rispetto alle altre materie prime energetiche e la sua crescita non è avvenuta in maniera omogenea in tutte le parti del mondo. Infatti, nell’ultimo anno negli Stati Uniti è triplicato, mentre in Europa è aumentato di quasi venti volte. Si è così aperto un enorme spread nel prezzo del gas fra le due sponde dell’Atlantico e, seppure in misura inferiore, fra l’Europa e l’Asia. Le differenti dinamiche, che peraltro avevano cominciato a manifestarsi lo scorso anno, si sono ampliate a partire da febbraio 2022 a causa dei problemi alle importazioni del gas russo. I costi di trasporto del gas sono molto alti ed esistono molti vincoli tecnologici al suo commercio. Il mercato europeo del gas è abbastanza ben interconnesso grazie a una vasta rete di gasdotti, ma la scarsità di rigassificatori non permette all’Europa di godere della necessaria flessibilità in termini di offerta dal resto del mondo, il che fa sì che la crisi energetica sia essenzialmente una crisi europea. Il carattere europeo della crisi energetica trova una ulteriore conferma nel fatto che l’Unione europea ha deciso di fissare il prezzo dell’elettricità utilizzando il cosiddetto meccanismo di Marginal pricing o Pay-as-clear. Questo rende la rete elettrica molto stabile, perché garantisce l’incontro fra domanda e offerta e favorisce la transizione energetica verso le rinnovabili che hanno un costo marginale pari a zero, ma finisce per legare il prezzo dell’elettricità a quello (marginale) del gas, oggi non più stabile e a buon mercato come un tempo. Probabilmente la crisi energetica europea durerà anche nel 2023 ed è verosimile ritenere che il rischio di entrare in una grave recessione o meglio stagflazione, dato che gli altissimi prezzi dell’energia non possono che tenere alta l’inflazione, è molto concreto. Inoltre, la dimensione dell’aumento del prezzo del gas rende i bilanci pubblici nazionali, già provati dalla pandemia, del tutto inadeguati ad attenuare il problema. Solo in Italia per avvicinare il prezzo del gas a quello americano servirebbero più di 150 miliardi di euro all’anno e le misure adottate dal Governo Draghi nel 2022 hanno inciso per oltre 65 miliardi di euro.
Se la crisi energetica ha una dimensione prevalentemente europea, le risposte devono essere europee seguendo direttrici di politica industriale e di carattere fiscale. Da un punto di vista industriale dovranno essere messi in funzione molti rigassificatori e si dovrà determinare un coordinamento degli acquisti di gas sul mercato internazionale. La concorrenza dei mesi scorsi tra i diversi paesi europei per accaparrarsi il gas dai paesi extra-europei ha fatto lievitare ulteriormente i prezzi. Nel medio periodo si dovrebbero anche aumentare le interconnessioni delle reti elettriche e dei gasdotti. L’impossibilità di immagazzinare energia, consiglia di potenziare la distribuzione in modo tale da massimizzare l’efficienza della generazione, soprattutto da fonti rinnovabili che non sono programmabili: per esempio, un eccesso di generazione da eolico nel Mare del Nord o da nucleare in Francia dovrebbe esser velocemente ed efficacemente trasmesso a mercati limitrofi, così come un eccesso di Gas Naturale Liquefatto nella penisola iberica dovrebbe poter raggiungere Francia o Italia per ridurre temporanei deficit di gas. Un mercato energetico più interconnesso e più efficiente permetterebbe di ridurre la dipendenza europea da fonti fossili, accelererebbe il raggiungimento dei target ambientali fissati in sede europea e sarebbe un passaggio in avanti verso una maggiore integrazione economica e politica. Questi investimenti, desiderabili ed essenziali per la futura sicurezza energetica, richiedono tuttavia lunghi tempi di implementazione e non possono portare a benefici immediati.
Un altro strumento utile per ridurre i costi del gas e migliorare la credibilità dell’Europa, come potenza unita e determinata nel difendere gli interessi comunitari, potrebbe essere quello creare un’entità che si proponesse come acquirente unico europeo per il gas. L’acquirente unico dovrebbe centralizzare gli acquisti di gas e sostituire la moltitudine di importatori, aggregandone i volumi domandati. In tal modo, l’Unione Europea potrebbe aumentare il proprio potere contrattuale sui mercati internazionali e beneficerebbe di inferiori prezzi di vendita alle frontiere.
È inoltre importante trasformare, almeno temporaneamente, il meccanismo di formazione dei prezzi all’ingrosso dell’elettricità utilizzando una formula che guardi più al costo medio di ciascuna fonte energetica. È poi assolutamente necessario accelerare i processi autorizzativi degli impianti di energie alternative, ancora troppo lunghi e farraginosi. Gli incentivi che il sistema tariffario elettrico ha concesso al settore non si sono trasformati in altrettanti investimenti, dati i vincoli di natura amministrativa. In alternativa si potrebbe disaccoppiare temporaneamente gas ed energia elettrica applicando un prezzo diverso a una parte dell’elettricità generata da rinnovabili o nucleare, quindi a un costo marginale prossimo allo zero. Il gas naturale è la fonte energetica residuale, perché le centrali a ciclo combinato sono le più flessibili e sono quelle che devono coprire i gap causati dalle oscillazioni di domanda e offerta. Da un punto di vista di mercato, ha senso remunerare l’energia al costo marginale di produzione, ovvero generazione a gas con l’attuale struttura dei costi, ed incentivare tramite profitti, anche elevati, le fonti rinnovabili che non generano emissioni clima-alteranti, ma la cui messa a terra richiede importanti investimenti di lungo periodo. Data la crisi attuale e dato che alcune tecnologie rinnovabili hanno superato la fase iniziale in cui era imprescindibile incentivarne l’installazione, si potrebbero separare le componenti in bolletta. La parte legata alle rinnovabili potrebbe esser remunerata diversamente dalla parte legata alle fonti fossili e andrebbero considerati gli enormi investimenti fissi iniziali e i costi della rete nel gestire un’offerta volatile e aleatoria. Occorre allo stesso tempo trovare soluzioni che evitino il rischio di disincentivare gli ulteriori investimenti necessari a sviluppare le rinnovabili nel momento in cui il sistema energetico europeo ne avrebbe più bisogno.
Un’ulteriore misura da adottare consiste nello smantellare il Ttf, la borsa del gas olandese, a favore di una nuova piattaforma, introducendo dei parametri minimi e massimi sul prezzo del gas ricavati da un mix di altri titoli di riferimento nel mercato energetico americano e asiatico. Il TFT (Title Transfer Facility) è un mercato virtuale (un hub) per lo scambio del gas naturale. Insieme al Nymex (New York Mercantile Exchange) e all’Ice (Intercontinental Exchange) di Atlanta, che è specializzato in contratti derivati otc sull’energia, è uno dei principali mercati di riferimento per lo scambio del gas in Europa e in Italia. Questo mercato spot, molto volatile come tutti i suoi simili, ha progressivamente sostituito i contratti bilaterali a lunga scadenza tra i Paesi. Esso consente non solo ai commercianti all’ingrosso, ma anche ai trader finanziari, di determinare il prezzo dei contratti a termine sul gas naturale. I prezzi future riguardano una consegna più lontana nel tempo e possono essere negoziati più volte prima della scadenza. Le scommesse degli hedge fund sulla borsa Ttf hanno creato una scarsità artificiale di gas e portato i prezzi a un livello insostenibile, ben prima della guerra in Ucraina.
Sul fronte fiscale, poi, l’Europa deve mutualizzare gli aiuti a famiglie e imprese selezionando con attenzione i beneficiari. In un recente intervento, Gentiloni e Breton hanno rilanciato l’idea di replicare Sure, lo strumento di debito comune per fornire prestiti agli stati membri per finanziare la cassa integrazione durante i lockdown, e di ridistribuire i 200 miliardi di prestiti inutilizzati del Recovery fund.
Tutte le soluzioni citate, di breve e medio periodo, dovranno comunque considerare una significativa riduzione dei consumi pari ad almeno il 10% rispetto allo scorso anno (anche attraverso una maggiore incisività nella transizione a modelli organizzativi circolari) e l’introduzione di un tetto al costo di importazione del gas russo che dovrà essere accompagnato da un piano di emergenza nel caso venissero tagliate le forniture ai paesi maggiormente dipendenti dal metano importato dai gasdotti controllati da Putin.