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Iran, Emma a Il Mattino: "Ue si distingua dagli Usa e difenda i suoi interessi"

di Generoso Picone

Emma Bonino, da ministro degli Esteri del governo di Enrico Letta, fu la prima diplomatica di un Paese dell'Unione europea a entrare in Iran dopo dieci anni di sanzioni. Era il 22 dicembre 2013. Oggi, dopo l'operazione che a Baghdad ha portato all'eliminazione da parte degli Usa del generale Qasam Soleimani, il capo militare del regime degli ayatollah, si interroga su come l'Europa possa svolgere un ruolo nel nuovo scenario che si è determinato.

Bonino, quale?

Cercare di difendere i suoi interessi, anche e soprattutto quando non coincidono con quelli americani. La difficoltà, è restare uniti a 27 su una posizione chiaramente dialettica rispetto a quella di Washington. E a quella di Londra, che è oramai fuori dalla famiglia europea.

Donald Trump e il segretario di Stato americano Mike Pompeo si sono lamentati della scarsa disponibilità dei Paesi europei.
A dire il vero, gli USA non hanno dato alcun avvertimento agli alleati europei che hanno truppe in Iraq che stavano pianificando un’operazione spettacolarmente rischiosa per la sicurezza del personale di stanza nel paese. Solo a cose fatte Pompeo ha cominciato a chiamare tutti o quasi, chiedendo solidarietà per la decisione non condivisa.
Non molte capitali europee erano convinte che l’attacco extraterritoriale ed extra-giudiziale a Soleimani fosse la migliore idea per cominciare bene il 2020.  Esiste il diritto internazionale, questo tipo di azioni (se non giustificate) può essere caratterizzato come un atto di guerra. A parte il fatto che l’UE ha difeso allo stremo il valore dell’accordo nucleare con Teheran, che sarà verosimilmente distrutto dalle tensioni in corso.

Nel giro di telefonate ai capi di Stato per spiegare la decisione assunta, Pompeo ha saltato l’Italia?
Penso che il Segretario di Stato si preoccupasse in questo caso soprattutto della reazione delle 3 capitali responsabili dell’accordo nucleare con Teheran. Temendo, non a caso, che la preoccupazione per la distruzione di un accordo così importante avrebbe limitato fortemente l’entusiasmo per l’esecuzione di Soleimani.
L’ Italia in questo giro di sollecitazioni era meno rilevante per gli USA. Rimane il fatto che anche l’Italia ha un contingente importante in Iraq. E non è stata consultata né prima né dopo. É un atteggiamento incomprensibile fra alleati. Difficile poi storcere la bocca quando Macron parla di encefalogramma piatto dell’Alleanza. Non ci sono molti tracciati cerebrali particolarmente attivi da esibire in sede NATO ultimamente.

Ma a cinque giorni dall’uccisioni di Soleimani le pare più chiaro l’intento di Trump?
Da fonti anonime del Pentagono a Washington è rimbalzata la notizia che il Presidente avesse scelto la più estrema fra le opzioni proposte dai militari, una volta decisa la ritorsione contro l’assedio dell’ambasciata USA a Baghdad.
Ma non mi piace speculare su modalità da “House of Cards”.
La posizione US è che Soleimani era al centro di pianificazioni di attacchi contro interessi e personale USA, quindi un‘ azione eminentemente preventiva.
Noto soltanto che è lo stesso tipo di argomentazione che sostenne l’intervento militare di Bush jr contro l’Iraq di S Hussein, con i risultati che conosciamo.

Si rischia un effetto simile?
Il Generale Soleimani era capo delle brigate Al Quds, ovvero il braccio esterno dei Pasdaran, una vera internazionale militare sciita, che è riuscita a contrastare efficacemente il dominio sunnita nel mondo arabo, inclusa una spettacolare vittoria in Siria, dove con l’aiuto dei Russi l’Iran ha assicurato la sopravvivenza del regime di Assad.
Questo incidente potrebbe indubbiamente provocare una escalation di ritorsioni e contro-ritorsioni molto pericolosa e con l’intervento di elementi terroristi.

In Libia si è aperto un altro scenario di guerra con l’intervento militare turco e la chiamata alla jihad di Haftar. In una situazione del genere è immaginabile trovare un punto di mediazione? E da parte di chi?
Idealmente, da parte europea. L’ Europa ha interessi enormi nella stabilità del Paese.
Anche di natura economica naturalmente. Ma allo stato attuale quello che preoccupa di più sono i pericoli legati alla sicurezza (radicalismo, terrorismo) e ai flussi migratori che attraversano in Paese da sud a Nord e si avviano ad un incerto destino Verso il Mediterraneo. Un altro failed State alle nostre porte non è sostenibile.
Purtroppo, la missione dei ministri europei prevista per oggi non ha avuto luogo (salvo sorprese NB). Mentre si riuniscono domani ad Ankara Putin e Erdogan, per discutere del gasodotto Turk Stream ma non solo. Non escludo che trovino al loro livello un accordo militare sulla Libia, come hanno fatto in Siria. Sarebbe un fallimento drammatico per l’Europa e per l’Italia.

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