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I giudici si sono impegnati per arrivare a questa bocciatura

Intervista di Riccardo Magi a Niccolò Carratelli - La Stampa

"Mi pare che il pelo nell'uovo l'abbiano proprio cercato". Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa, tra i promotori del referendum cannabis, ricorda bene le parole del presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, alla vigilia della camera di consiglio sull'ammissibilità dei quesiti referendari. "A differenza della sua indicazione - spiega - si sono davvero impegnati per arrivare a questa bocciatura, con motivazioni che non ci hanno affatto convinto".

Amato in pratica ha dato la colpa a voi, a come avete impostato il quesito...
"Nessun errore da parte del comitato promotore, mi è sembrato che il presidente abbia sottolineato più che altro l'incoerenza tra le espressioni giornalistiche, gli slogan, e il contenuto giuridico. Mentre la Corte avrebbe dovuto valutare solo il contenuto giuridico. E il quesito non poteva essere impostato diversamente: non potevamo che intervenire sul comma 1 del Testo unico sugli stupefacenti, perché il comma che riguarda la cannabis richiama le condotte previste al comma 1, dalla coltivazione alla produzione o cessione delle sostanze.

Secondo Amato, il risultato sarebbe stato quello di rendere non punibile penalmente anche la coltivazione del papavero e della coca, droghe pesanti: è così?
"Ma la cannabis è l'unica, tra tutte le sostanze contemplate nel Testo unico, che può essere assunta subito dopo la fase di coltivazione. Di qui la scelta di eliminare solo il termine "coltiva" dalle condotte descritte al comma 1. Le altre, dalla fabbricazione alla raffinazione, restano punite. E sono necessarie per il processo produttivo delle altre sostanze stupefacenti. Quindi, il quesito non avrebbe inciso sulla punibilità di condotte attinenti ad altre droghe".

Quanto al rischio di violazione degli obblighi internazionali?
"Ma insomma, il Canada ha legalizzato la cannabis e non è entrata in conflitto con gli obblighi internazionali".

C'è stata volontà di levare di mezzo i quesiti più problematici dal punto di vista politico?
"Non voglio fare insinuazioni, ma ancora una volta la Corte costituzionale, sull'ammissibilità dei referendum, va ben al di là della Costituzione. Non toccavamo una norma di bilancio dello Stato, di amnistia o indulto, oppure di ratifica di trattati internazionali. In questo Paese è diventato quasi impossibile promuovere dei referendum, perché la giurisprudenza della Corte ormai ci ha abituato al fatto che ogni argomento può essere usato alla bisogna".

Cinque quesiti sulla giustizia, però, sono stati ammessi...
"Bene, io voterò a favore. Ma credo che il vero referendum sulla giustizia fosse questo sulla cannabis, perché in Italia il motivo principale per cui si finisce in carcere sono i reati di droga. Tra l'altro, con questi quesiti procedurali e tecnici si farà molta più fatica a raggiungere il quorum. Mentre sono stati buttati via due referendum, eutanasia e cannabis, su cui erano stati raccolti 2 milioni di firme e che avrebbero garantito maggiore partecipazione dei cittadini, riavvicinandoli all politica, come auspicato dal presidente Mattarella".

In Parlamento e tra i leader politici qualcuno avrà tirato un sospiro di sollievo?
"Guardi, dei referendum continuano tutti ad avere paura. Molti avranno fatto un sospiro di sollievo. Per diverse forze politiche, a cominciare da quelle progressiste, i referendum su eutanasia e cannabis sarebbero stati un esame di maturità, avrebbero dovuto prendere posizione su temi divisi al loro interno, sui cui fino a ieri hanno balbettato".

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-02-17 10:46:38 +0100