Di Carmelo Palma
Tra i tanti meriti da riconoscere a Giulio Giorello, ve ne sono due che certamente non lo accomunano alla generalità della classe accademica italiana.
Il primo merito è di avere sistematicamente divelto i confini tra cultura “umanistica” e cultura “scientifica” e di essere stato insieme un epistemologo rigoroso e un serissimo filosofo della matematica e uno studioso attento al rapporto tra sapere scientifico, costume sociale e decisioni politiche. Proprio perché aveva un’idea seria della scienza, sapeva che non si può imporre su base scientifica un’idea meccanica, paternalistica o autoritaria del Governo, che prescinda dai desideri, dalle aspirazioni e dalle libere decisioni degli uomini e delle donne.
La scienza non legittima alcun autoritarismo.
Il secondo merito è di essere stato un cultore intransigente della libertà politica, in primo luogo come garanzia dalle pretese e dalle coercizioni dello Stato, in un contesto storico in cui i pensatori liberali, come il suo amato John Stuart Mill, nel dibattito pubblico venivano sacrificati a un pensiero progressista egemonizzato dalla cultura marxista e da suggestioni da Stato etico.
La libertà non tollera alcuna oppressione.
L’amore della libertà come diritto individuale e come responsabilità politica collettiva è un’eredità preziosa e minoritaria del pensiero di Giorello, che oggi vale più che mai la pena ricordare e difendere.