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Giuliano Ferrara sbaglia: l'antipolitica del M5S è viva e vegeta e noi diciamo NO

di Bianca Hermanin
Ferrara scrive sul Foglio (sintetizziamo): votare NO significa non aver capito la trasformazione del M5S, da movimento antipolitico a gruppo politico organico al csx, a tratti molto simile alla Democrazia Cristiana. Poiché i parlamentari vanno tagliati, tanto vale fare propria questa battaglia, anziché inveire contro l'antipolitica del Movimento, che non esiste più.
Capita anche ai migliori di perdere il contatto con la realtà. Basta ascoltare Di Maio sui social (Di Maio, che il Signore ci perdoni tutti) o costringersi a seguire il rutilante Alessandro Di Battista, per intuire quale sia il fantoccio attraverso il quale il movimento di Casaleggio proverà- e riuscirà per qualche tempo, con innumerevoli danni per tutti noi- a sopravvivere.
E forse la scena politica prossima ventura sarà anche peggiore di quella che abbiamo visto fino a ora, data la legittimazione che ha dato il PD al liquame dell'antipolitica, della faciloneria, dello statalismo mammone dei 5S. Ritenendo che ogni istanza "popolare" sia per definizione "buona" (e invece non lo è) ritenendo che il compito della politica sia ascoltare e seguire (e invece è ascoltare, proporre e guidare) il PD, compresa la sua frangia girotondina, ha fatto sua sostanzialmente ogni ambizione del M5S, compresa quella dell'antiparlamentarismo. Sono innumerevoli le metafore che illustrano il rapporto malato tra il PD, genitore responsabile e flebile, e il M5S, il figlio bugiardo e violento che ottiene tutto ciò che vuole da chi tiene i cordoni della borsa.
Buono buono, si si, no no, al Mes non accediamo. Buono buono, sisi , nono, i decretisicurezza non togliamo. Buono buono, nemmeno Quota 100. Buono buono, sisi, no no, la prescrizione la teniamo, Bonafede è un grande genio, e Gianroberto era bello.
E così col Parlamento.
Non importa che ieri Ceccanti, per tutto il PD, tuonasse contro la demagogia di questo taglio, che senza superamento del bicameralismo perfetto nuocerà ai lavori del Parlamento negandogli, di fatto, efficienza e ruolo; possiamo rivedere la nostra posizione ora, perché il figliol prodigo è tornato, il "popolo" ora è con noi.
Non importa che il taglio dei SEGGI parlamentari sia stato festeggiato in piazza da Di Maio con una sceneggiata che dileggiava l'esistenza stessa delle due camere: le sedi dei rappresentanti dei cittadini, secondo la legge; la "mangiatoia", secondo il Movimento 5 Stelle.
Non importa, perché secondo i tiepidi "riformisti per il sì" del PD, di Italia Viva e -ahimé- ultimamente del Foglio, questo governo rappresenta comunque un successo per la democrazia.
Che dire? Continueremo a comprare Il Foglio, baluardo di libero pensiero e di rubriche che da sole valgono il giornale.
Però, per favore, non diteci che non abbiamo capito, che siamo attardati, che non vediamo trasformazioni e analogie storiche.
Abbiamo capito anche troppo bene.
L'intero spettro delle forze politiche, da destra a sinistra, è orientato al sì, per disonestà intellettuale, per pavidità, per populismo.
Noi no.
Piuttosto che chiamare "poltrone" i seggi dei rappresentanti del popolo ci spariamo su un piede. E rifiutiamo di "evolverci" a forza di pacche sulle spalle a Luigi Di Maio, questo grottesco gaglioffo che ora "spiega" agli elettori quali bravi ragazzi siano loro, che tagliano l'establishment, mentre con l'altra mano ci svende alla Cina: preferiamo richiamare con tutte le nostre forze l'attenzione su Hong Kong, sulla Bielorussia e su tutte le porcherie di cui lui non si occupa, perché troppo occupato a strizzare l'occhio sui social.
Il Paese non ha futuro se non nella democrazia liberale. La democrazia liberale è forte se il Parlamento è forte, rispettato, e in grado di lavorare. Altrimenti non restano altro che Casaleggio e mammà.

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