di Annalisa Nalin
Nessuno si potrà chiamare fuori. Lo sviluppo sostenibile è una priorità e una responsabilità improrogabile sia per i governi che per gli innumerevoli stakeholder del processo rivoluzionario definito “transizione ecologica”. In gioco c’è un nuovo modello di economia, oltre a nuove forme di approvvigionamento energetico. L’obiettivo: garantire la sopravvivenza del pianeta.
Alluvioni, ondate di calore, incendi, siccità, deforestazione e desertificazione sono sotto gli occhi di tutti. Sono fenomeni legati ai cambiamenti climatici e questa tesi non è più confutabile.
A pochi giorni dall’apertura della Cop26 a Glasgow è stato divulgato un nuovo rapporto dell’ONU che prevede un aumento della temperatura di un 2,7 gradi entro fine secolo, molto lontano dall’obiettivo condiviso alla Cop di Parigi nel 2015 di limitarlo a 1,5 gradi. Per questo motivo sia al G20, questo weekend a Roma, che poi alla Cop26 di Glasgow (31 ott -12 nov) nessuno potrà sottrarsi alle responsabilità. Occorre un piano di investimenti imponente (molto più di quanto previsto oggi), spesso incompatibile con le politiche di sviluppo economico tradizionali. Ma se diversi paesi sono refrattari, i dati non lasciano più spazio a perdite di tempo. L’urlo con cui le giovani generazioni hanno espresso la loro rabbia alla pre-Cop di Milano, solo qualche settimana fa, ha lanciato la chiamata globale.
In primis tocca agli Stati più industrializzati, quelli del G20 che generano l’80% del PIL mondiale ma al contempo causano il 75% delle emissioni. L’Europa ha già lanciato un ampio programma di de-carbonizzazione ma le politiche nazionali per la riduzione delle emissioni entro il 2030 sono un primo passo, tuttavia non sufficiente.
Perché la transizione verso una società a emissioni zero sia reale occorre agire attraverso una rivoluzione economica e finanziaria. Le leve più importanti si possono riassumere in alcuni punti imprescindibili:
ENERGIA: la sostituzione dei combustibili fossili con fonti di energia rinnovabile fondamentali per la transizione ecologica, non si potrà sottrarre a un’analisi approfondita di sicurezza, costi e benefici del cosiddetto nucleare verde.
RIFIUTI: comprende l’intero ciclo, quindi non solo la raccolta differenziata ma anche lo smaltimento con tecnologie avanzate, evitando che il trasporto trasformi alcuni Stati in inquinanti Paesi-discarica.
MOBILITÀ VERDE: promuovere e investire nell’utilizzo di mezzi di trasporto meno o addirittura non-impattanti sull’inquinamento.
RINNOVAMENTO TERMICO DEGLI EDIFICI: con l’abbattimento sia dei costi energetici che dei livelli di inquinamento a partire dalle città ed aree metropolitane.
TRASFORMAZIONE DI INDUSTRIA E AGRICOLTURA: servono modelli meno energivori che richiederanno cambi progressivi ma radicali anche da parte dei consumatori sia nella scelta di prodotti che nelle abitudini alimentari.
La sfida è chiara, quindi: i grandi della terra si incontreranno al G20 e alla Cop26. Si spera che riescano a superare a fronte del futuro del pianeta e delle nuove generazioni.