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Della Vedova a La Stampa: "Il no al listone? Ci siamo assunti un rischio di impresa politica".

Benedetto Della Vedova è il segretario di +Europa, nelle scorse settimane ha detto no alla proposta di Nicola Zingaretti di fare un listone unico alle europee, nonostante lo sbarramento al 4% che potrebbe bloccare parecchie liste. Ora il leader Pd avrebbe alcuni sondaggi che danno ai democratici un potenziale del 30% e dipingono uno scenario difficile per le altre liste del fronte europeista. Numeri che, però, non fanno cambiare idea a Della Vedova.

«Noi stiamo facendo una cosa diversa perché siamo una forza politica diversa. Ci siamo assunti un rischio di impresa politica: c’è un margine di rischio perché c’è l’impresa, altrimenti non avremmo corso rischi ma non avremmo fatto nessuna impresa politica. L’impresa politica è quella, in Europa, di portare nel gruppo del centro europeista, riformatore e liberale parlamentari italiani che non c’erano nella scorsa legislatura. Un’area che probabilmente convergendo con en Marche e Macron potrà dare vita a un gruppo che avrà un ruolo importantissimo nel prossimo Parlamento europeo, perché i socialisti e il Ppe non avranno la maggioranza che hanno sempre avuto».

 

Ma, dicono Zingaretti e Calenda, se non si supera lo sbarramento si rischia di non arrivare proprio in Europa. Il Pd aveva proposto un listone aperto per evitare il rischio di sprecare voti nella sfida ai sovranisti…

«E’ una sfida importante e decisiva, ma ci arrivi autorevolmente se arrivi con le tue gambe, se arrivi camminando sulle gambe di altri non hai autorevolezza. Convergiamo su un obiettivo, che è quello di costruire l’alternativa al fronte nazional populista e lo faremo anche in Italia alle elezioni, ma la costruiamo facendo ciascuno il suo. Siamo una forza distinta e plurale che avrà successo proprio per questo, l’alternativa ai gialloverdi non può e non deve essere ricondotta al solo Pd. Si vota con una legge elettorale totalmente proporzionale, non come alle politiche: certamente la soglia non ci spaventa e se hai paura di una soglia.... Allora non fai una forza politica».

 

Temete che il Pd, al di là delle dichiarazioni, abbia la tentazione di inseguire una sorta di vocazione maggioritaria come fece Veltroni nel 2008?

«Non so, ma questa non è più quella stagione lì. Non lo è in Italia e non lo è altrove, nemmeno in Gb. Noi non abbiamo paura. Abbiamo ben presente chi sono i nostri avversari, e abbiamo una proposta che poi emergerà sempre di più. Ieri c’è stata una riunione dell’Alde che ha deciso il “team Europe” – le sette personalità che guideranno la campagna dell’Alde - e tra queste c’è Emma Bonino, mentre il Pd sostiene Timmermans (come candidato alla guida della commissione Ue, ndr). Siamo forze distinte, prendo ad esempio il Ceta, il trattato di libero scambio col Canada. Noi siamo a favore, un pezzo del Pd no. E così anche sulla Bolkestein. E’ un elemento distintivo col segretario Zingaretti.

 

Steve Bannon dice che i sovranisti potrebbero avere più del 50% del prossimo europarlamento. Non è preoccupato?

«Non accadrà. E’ una sfida, ma non accadrà, non c’è alcuna proiezione che dia una maggioranza agli anti-europei. Non è alle viste. Ma siccome - come dice Bannon - il centro della rivoluzione è l’Italia, l’alternativa deve passare dall’Italia e quindi dal consolidamento alle prossime eleizoni di un’alternativa che costruiscono insieme forze diverse che si presentano distinte. Sennò diventa un escamotage. Non faremmo la somma dei voti che faremo invece il 26 maggio, due eccellenti risultati mi auguro».

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