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Così in 99 secondi Grillo demolisce le lotte delle donne e distrugge lo Stato di diritto

di Diego Lazzaro

Beppe Grillo si è svegliato come, ne Le Metamorfosi di Franz Kafka, Gregor Samsa si svegliò trasformato in un enorme insetto. Da boccalone istrione giustizialista, si è scoperto premuroso papà pseudo-garantista nei confronti del figlio Ciro, accusato di aver stuprato con tre amici una studentessa italosvedese nel luglio del 2019, per il quale si profila il rinvio al giudizio.

 

L’invettiva lanciata ieri nei social è vergognosa. Poche parole, urlate, confuse. Le mani, frementi e rigide, ripetutamente sbattute contro il tavolo. L’atteggiamento aggressivo. Le argomentazioni assurde e importune. 

 

In 99 secondi si assiste alla distruzione dello Stato di Diritto e alla demolizione di anni e anni di sensibilizzazione sulla violenza contro le donne. Il fondatore del M5S prima si lamenta che suo figlio sia “su tutti i giornali come uno stupratore seriale”, dimenticando che proprio i pentastellati hanno fatto delle sentenze popolari un’arma importante della propria azione politica. 

 

Subito dopo, in un attimo di rabbia, cancella il principio più prezioso della Costituzione italiana, ovvero la presunzione d’innocenza, riprendendo la buona pratica grillina del far giudicare il popolo. “Non li avete portati [i ragazzi] in galera perché vi siete resi conto che non è vero che c’è stato uno stupro”. Come se l’eventuale violenza fosse confermata o smentita dai suoi seguaci su Facebook anziché da un giudice. Secondo lui, un colpevole va arrestato al primo grado di giudizio. Ne abbiamo tre, per fortuna. 

E a condannare o assolvere ci pensano i giudici, non i padri. 

 

Uno vale uno? No grazie.

 

Continua passando all’attacco della presunta vittima, la studentessa diciannovenne, alla quale viene lanciato un acerba accusa definendo strano che “una persona che viene stuprata la mattina, il pomeriggio va in kite-surf e dopo otto giorni fa una denuncia”. Secondo Grillo, in caso di violenza sessuale, o la vittima denuncia subito, oppure è strano, per usare la sua grammatica, falso, per paragrafare le sue urla. Uno stupro rimane tale indipendentemente dal tempo che passa tra esso e la sua denuncia. Ciò che conta è farlo, e i dati in Italia affermano che ancora troppe vittime non lo fanno: per paura delle conseguenze, per vergogna, per svalutazione di sé e della situazione. Uno stupro rimane tale dopo un’ora, dopo un giorno, dopo un mese e anche dopo anni. La violenza è tanto carnale quanto psicologica. La prima è spesso evidente, tangibile, osservabile e riconoscibile; la seconda, al contrario, è subdola, spesso difficile da riconoscere persino dalla vittima, e ha conseguenze ben più a lungo termine di quelle fisiche. 

 

Grillo dice “c’è il video”. Secondo lui, che la studentessa fosse consenziente è evidente dalle immagini, nelle quali “c’è il gruppo che ride”, perché “sono ragazzi diciannovenni che si stanno divertendo, in mutande, col pisello di fuori”. Questa è la normalizzazione della violenza. Non quella nel video, perché è ancora da dimostrare, ma quella che troppe volte è finita nelle pagine di cronaca italiane. La violenza degli individui che si fanno forti grazie al gruppo. La violenza di ridurre ai minimi termini un episodio sessualmente accettabile, con dichiarato consenso, ma potenzialmente traumatico, pericoloso e illegale. 

 

Si dichiara “stufo perché sono due anni” che la questione va avanti. Lui, che per ben più di due anni ha usato l’agorà social per denigrare ed accusare gli avversari politici, ora usa quello stesso spazio per chiedere pace per sé e per il figlio. Rivelandosi, in quei cento secondi, per quello che è sempre stato: un comico, privilegiato, che si è imposto come giudice universale, giacobino senza scrupoli, e che ora fa da azzeccagarbugli al figlio, subendo quel che per un decennio ha perpetrato a tanti altri. 

 

Non sono a favore della legge del forcone, come si è da sempre dimostrato Grillo, e mi auguro che la famiglia possa trovare la serenità necessaria a dei genitori per sostenere una situazione così greve. Credo, però, che i partiti italiani debbano prendere le distanze dalle sue parole, dal suo Movimento e da chi rappresenta le sue idee. Per il bene del Paese e delle sue persone. E mi auguro che questo sfogo possa essere l’occasione per dibattere definitivamente di giustizia in Italia. Ce n’è grande bisogno ed è evidente a tutti.

 

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