di Carmelo Palma
La situazione delle carceri è nuovamente esplosa per ragioni che preesistono all’emergenza del Coronavirus. Non ha senso l’idea di preservare le carceri dal contagio ‘chiudendo dentro’ i detenuti e eliminando le loro interazioni sociali come i colloqui e i permessi, senza offrire loro delle alternative – telefonate e videochiamate – e senza minimamente considerare che in un carcere vive ogni giorno un’altra metà della popolazione, fatta da agenti, operatori e personale amministrativo. I detenuti non sono il fattore di pericolo, ma i principali soggetti a rischio. Nel momento in cui il virus contagiasse un certo numero di loro, all’interno delle carceri italiane, in ragione del sovraffollamento e della fatiscenza delle strutture, sarebbe praticamente impossibile garantire condizioni di isolamento e dunque le carceri diventerebbero un incubatore del contagio.
Il degrado delle carceri, considerato tollerabile dalla gran parte delle forze politiche, in questa occasione sta presentando il conto, che rischia di essere carissimo. E non c'è dubbio che la criminalità avrà tutto l'interesse a soffiare sul fuoco delle proteste. La cosa più logica al momento, accanto allo screening accurato del personale penitenziario, sarebbe un provvedimento straordinario che lasciasse nella fase dell’emergenza fuori dal carcere i detenuti ammessi al lavoro esterno e prevedesse la liberazione anticipata per quanti dovranno lasciare il carcere nei prossimi 12 mesi.