di Ilaria Donatio
Andrea Trisciuoglio è il segretario dell'Associazione “La Piantiamo Cannabis Social Club” e ha scritto insieme a Emilio Grimaldi, per la collana "Diritti umani" di Officine Editoriali da Cleto, “Da radical chic a radical choc - Cannabis e pregiudizi”.
Andrea soffre di sclerosi multipla - “l’intrusa” del libro - e grazie alla Cannabis terapeutica riesce a vivere meglio. Riesce a vivere.
Scrive nella prefazione Rita Bernardini, ex deputata radicale oggi presidente di Nessuno Tocchi Caino: “Se Marco Pannella mi ha convinto ad affermare l’antiproibizionismo sulle droghe (e non solo), Andrea Trisciuoglio mi ha persuaso che la lotta per la legalizzazione, in particolare della cannabis, ha molte più chance di compiersi, se ad essere coinvolti sono i malati che possono curarsi con la tanto avversata ‘erba’”.
Un libro che, non solo permette di vivere la storia di Andrea dall’interno, ma che fornisce anche una chiave informativa e di conoscenza per comprendere un mondo - quello della cannabis - comunicato poco e male.
Con l’Associazione Luca Coscioni - "Dal corpo dei malati al cuore della politica", Trisciuoglio lavora per “informare i cittadini malati “che tentano di orientarsi nel caotico mondo italiano della cannabis terapeutica: “Spieghiamo loro come in Italia sia possibile superare burocrazia e ignoranza per vedersi riconosciuto il diritto alla salute”.
Da oltre un decennio, Andrea - foggiano - è impegnato nella promozione di iniziative per il diritto di scelta delle terapie, in particolare per l’uso della cannabis terapeutica. Radicale e antiproibizionista, anticonformista e precursore dei tempi, questo è Andrea.
“Una cura scientificamente provata, che solo i nostri pregiudizi culturali, politici e religiosi, ancora considerano ad una certa distanza”, per questa ragione nel suo “Da radical chic a radical choc” è il pregiudizio “l’altro polo dialettico” di quel che la scienza dice a proposito dei farmaci cannabinoidi: “perché non esistono scuole di pensiero diverse” dall’unica che la scienza accredita. E perché, come spiegano gli autori del libro, “il pregiudizio è il rovescio della medaglia della cannabis. Da una parte c’è la canapa con tutta la sua storia gloriosa - dalla canapa si estraevano sostanze “oleose” (per illuminazione ed energia), “fibrose” (fibre tessili, vestiti, carta, corde) e si ottenevano “alimenti” (farinacei e mangime per gli animali), i suoi benefici, la sua industria (automobili, etanolo, carta, tessile), e dall’altra il prosciutto che ci copre gli occhi!”.
“Il 29 giugno 2010 una pattuglia di carabinieri perquisiva la mia abitazione”, racconta, “alla ricerca di sostanze stupefacenti, per aver acquistato on-line semi di canapa. Se non hanno trovato piante né cannabis illegalmente detenuta è solo perché sono una delle rare persone, l’unico in Puglia per mesi, che è riuscita a superare gli ostacoli e curare legalmente la propria sclerosi multipla con la cannabis medicinale olandese fornitagli dalla Asl”. Ma quanti non riescono a ottenerla in modo legale esponendosi a rischi enormi?
E prosegue: “La perquisizione mi convinse ancor di più quanto fosse infame, liberticida e pericolosa la legge Fini-Giovanardi. Iniziai a battermi per difendere la mia incolumità e indirettamente a proteggere gli altri miei simili, che sono nelle mie stesse condizioni”.
Dopo aver creato la Delibera regionale che consentiva ad Andrea di avere legalmente la canapa, Trisciuoglio conosce una coppia di ragazzi che studia anche le altre risorse della canapa. Sono Claudio e Ilaria con CanaPuglia: l’associazione che ha coltivato, per la prima volta in Puglia, un intero campo di cannabis sativa (grazie al progetto regionale “Bollenti Spiriti”).
“Con la canapa coltivata si producono ottimi semi (benefici perché ricchi di omega3 e omega6) interi e decorticati, caffè, farina per pasta, pizza, taralli, cornetti, crepes, prodotti tipici locali”. Ma il progetto investe anche il ramo tessile (borse, maglie, oggettistica varia) e quello edilizio.
“Ho conosciuto tante splendide persone”, scrive Andrea, “grazie al tema della canapa medica: i PIC (Pazienti Impazienti Cannabis), gli amici di ACT (Associazione Cannabis Terapeutica), Ascia, legalizziamo la canapa, i preziosi consigli di Claudia Sterzi e dell’@.r.a. (radicali antiproibizionisti) e tantissime altre realtà. La battaglia per la cannabis terapeutica è la nostra battaglia”.
In Italia la cannabis dal punto di vista medico è legale dal 2007, quando l’allora ministro della Salute Livia Turco ha riconosciuto con un decreto l’uso in terapia del cannabinoide delta-9-THC e dei suoi omologhi. Nel 2013, fu esteso il riconoscimento dell’efficacia per scopi terapeutici anche alla pianta di cannabis in forma vegetale e ai suoi estratti e preparati.
Ogni Regione ha la possibilità di legiferare in materia perché sappiamo che in Italia la sanità è gestita a livello regionale: è questo il motivo per cui, nonostante le norme introdotte dal decreto del ministero della Salute alla fine del 2015, alcune regioni non abbiano ancora norme a riguardo. Ad oggi l’unico progetto di produzione e coltivazione di cannabis a livello medico in Italia autorizzato resta quello dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze: dunque, la domanda di farmaci cannabinoidi è di gran lunga superiore alla loro produzione e importazione.
Secondo il Rapporto 2020 dell’International Narcotic Control Board (INCB) - l’organismo dell’Onu che vigila sul rispetto dei trattati internazionali - l’Italia ha un fabbisogno pari a 2 tonnellate di cannabis medica l’anno, a fronte di una tale domanda, nel 2019 - secondo quanto pubblicato sul Ministero della Salute - è stato prodotto e distribuito alle farmacie dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, un quantitativo pari a 157 kg e lo Stato italiano ha dovuto acquistare prodotti pari a circa 252 chili dall’Olanda.
In uno studio del 2014 di Coldiretti che valutava quanto avrebbe reso - in termini occupazionali e produttivi - l’uso delle serre dismesse a causa della crisi per la coltivazione della cannabis terapeutica (che né ai privati né alle aziende farmaceutiche è consentito), si legge:
“La coltivazione, trasformazione e commercio in Italia della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti in Italia e all’estero può generare da subito un business di 1,4 miliardi e garantire almeno 10mila posti di lavoro dai campi al flaconi”. E sempre secondo l’analisi Coldiretti/Ixe, quasi due italiani su tre (64 per cento) sono più avanti del legislatore essendo favorevoli alla coltivazione della cannabis ad uso terapeutico in Italia, per motivi di salute ma anche economici e occupazionali. Oggi è facilissimo reperire cannabis dal mercato criminale, un mercato aperto 24 ore al giorno (a differenza di tutte le altre merci) e solo una legislazione irragionevole e moralista ne impedisce la legalizzazione.
Una legge che non è uguale per tutti: “Sono una classica mosca bianca”, dice Andrea Trisciuoglio di sé”: “Io riesco ad avere il farmaco ma tanti altri pazienti non ce la fanno”.
I malati hanno problemi di approvvigionamento e di continuità terapeutica e chi di loro sceglie di coltivarsela da solo per non ricorrere al mercato nero, finisce in seri guai giudiziari. Dunque, una legge che è anche ingiusta in quanto criminalizza gli stessi malati di malattie progressive e incurabili. E senza alcuna logica: quella - abusata - secondo cui la legalizzazione aprirebbe le porte ad abuso e dipendenza - è stata contraddetta dai fatti: il caso del Colorado (ma anche dei tanti paesi che nel tempo hanno scelto di modificare in senso liberale la legge sulle droghe leggere, lasciando l’Italia sempre più sola), dopo anni di legalizzazione, dimostra che l’emersione dei prodotti a base di cannabis dal mercato nero non ne favorisce affatto l’uso, piuttosto lo stabilizza, rendendolo trasparente.
“Anche se tra mille difficoltà”, scrive nella sua postfazione di Da radical chic a radical choc - Cannabis e pregiudizi, Matteo Mainardi - coordinatore della campagna Eutanasia Legale, nel 2016 ha organizzato la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare Legalizziamo! - ora i medici possono prescrivere cannabis, le farmacie possono lavorarla e le persone malate possono utilizzarla. Sempre tra mille difficoltà si è riaperta una filiera della canapa italiana. I negozi di cosiddetta cannabis light portano dietro di sé un indotto che inizia ad essere significativo e tutto ciò non è stato possibile per gentile concessione dei nostri governanti, ma grazie ad anni e anni di lotte di persone come Andrea Trisciuoglio che ha messo il proprio corpo in primo piano per sottolineare l’arretratezza italiana sulla cannabis medica, senza fermarsi a questa”.