Di Valerio Federico e Dino Rinoldi
+Europa nell’aprile 2020 chiese una maggiore integrazione europea sul governo delle pandemie: la costituzione di una forza di intervento sanitario rapido e di protezione civile dell'Unione europea per le emergenze sanitarie fino a un reparto ad hoc federale. La petizione fu firmata da oltre 150 professori universitari, tra i quali Carlo Cottarelli, Massimo Bordignon, Matteo Bassetti, Elsa Fornero, Riccardo Puglisi e i compianti Giuseppe Tesauro e Philippe Daverio. Firmarono anche Dacia Maraini, Marco Cappato, Gabriele Albertini e molti altri. Emma Bonino presentò sul punto un’interpellanza al governo Conte che la ignorò. Nei mesi seguenti Regione Campania e 9 comuni, tra i quali Milano, Lucca e Parma hanno approvato delibere che chiedono al governo italiano di muoversi in questo senso.
Oggi la Commissione Europea lancia HERA, un’agenzia che raccoglierà informazioni e predisporrà i mezzi per affrontare le emergenze sanitarie, oltrechè sviluppare, produrre e distribuire farmaci e vaccini. Si tratta certamente di un successo, un primo passo utile e importante verso un obiettivo che però resta prioritario, una condivisione di competenze sanitarie con ll’Unione da parte degli stati nazione per governare a 360° le pandemie, competenze che oggi non ha e che, nonostante la nascita di HERA, ancora non avrà: il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) attribuisce infatti a quest’ultima, all’art. 168, solo alcuni compiti di supporto a politiche sanitarie pubbliche che restano esclusivamente nazionali anche nella «lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero».