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Altro che rilancio, con la nazionalizzazione di Alitalia il Paese vola basso

Di Alessandro Massari e Luca Perego

La nazionalizzazione di Alitalia rappresenta, emblematicamente, il programma che questo Governo sta perseguendo con fatti concreti. Partendo del caso Alitalia +Europa, per ultimo Giordano Masini, ha difeso i diritti delle generazioni future, colpevoli di non votare e per questo sacrificabili.

La rinazionalizzazione di Alitalia è l’emblema di un programma di governo basato sul ricorso sistematico al debito pubblico, strumento funzionale al controllo di tutto, compresa la ricchezza complessiva e il sistema produttivo del Paese. Il fine è quello di reimpossessarsi delle libertà conquistate, ostacolando ogni capacità autonoma di fare, negando le capacità diffuse tra i cittadini, mortificando gli imprenditori capaci di produrre posti di lavoro.

Alcuni esponenti di governo ricorderanno bene lo slogan infelice “Anche i ricchi piangano”, coniato oltre dieci anni fa per eccitare l’invidia sociale. Serve tempo per raggiungere il fine. I mezzi sono quelli detti. Senza più premio al merito, “volando bassi”, con Alitalia si stanno sperimentando forme e modelli per far tornare l’Italia nel passato.

Quella in atto è una crisi, quindi anche un’occasione per realizzare un cambio di paradigma produttivo virtuoso, fatto di digitalizzazione diffusa e decarbonizzazione. Si sceglie invece la nazionalizzazione, la via che ci riporta dritti nella solita vecchia Repubblica, fatta di statalismo incondizionato, dirigismo in economia, uguaglianza confusa con povertà diffusa. Non solo attuale, ma futura.

Serve un cambio di rotta e un copilota che lanci un mayday, perché il Paese vola troppo basso e rischia un atterraggio pericoloso

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