di Matteo Di Paolo
Avrete certamente sentito che ieri sera il prezzo del petrolio WTI, nel mercato americano, è sceso fino a -40$ al barile. Avete capito bene, vi danno un barile di 159 litri di petrolio e 40$ per prenderlo. C'è un motivo per un prezzo così. Spoiler: non vi farà avere la benzina gratis.
Partiamo da qualche settimana fa. E' iniziata una crisi globale che ha fatto crollare la domanda di petrolio, a partire dalla Cina. L'offerta, che ci mette di più ad adeguarsi, è rimasta intatta fino al momento dell'accordo tra Russia, Usa e paesi OPEC, tra cui l'Arabia Saudita, per tagliare una parte consistente della produzione, dunque per tagliare l'offerta.
In ogni caso, i prezzi sono calati di molto perché il taglio partirà da maggio e non sarà, probabilmente, sufficiente. Il Brent, ad esempio, il barile quotato alla borsa di Londra, è intorno ai 26 dollari al barile, un prezzo molto più basso di quanto non fosse ad esempio a fine dicembre (66$). Il Brent e il WTI (il titolo che rappresenta un barile di petrolio texano) sono usati come benchmark. Se si vuole investire sul petrolio o commerciare petrolio, si fa riferimento a questi due titoli. Sono, tendenzialmente, sempre abbastanza vicini. Ieri, aggravando una differenza già presente, si sono divisi sostanzialmente. Uno ha chiuso a 26, l'altro a -36.
Per capire meglio questa dinamica è necessaria una premessa: quando parliamo di prezzi del petrolio, parliamo di future del prezzo legati a una certa data. Si tratta di contratti per scambiare petrolio con scadenza in un giorno predeterminato, così da renderli standard. Il prezzo di cui solitamente parliamo è quello del future con la scadenza più vicina. C'è una sola grande differenza tra i due mercati: il c.d. settlement, cioè la chiusura del contratto, avviene per differenza monetaria nel caso del Brent (viene consegnato il valore monetario del titolo, alla scadenza) mentre avviene fisicamente per il WTI (viene consegnato il barile di petrolio). Capire questa differenza ci tornerà molto utile a breve.
Spiegamo dunque i tre motivi principali per il crollo:
1) lo shale oil USA (petrolio estratto dagli scisti, una tecnica recente e tecnologicamente avanzata) ha costi più elevati per l'estrazione. I sauditi, più che i russi, hanno prezzi bassi. Fin dall'inizio della crisi sauditi e russi sono stati restii a fare un accordo per il taglio dell'offerta, proprio per far fuori gli americani dal mercato. Poi hanno dovuto cedere (perché la loro economia si basa su margini dal petrolio elevati). In ogni caso, gli americani hanno cominciato a riempire i loro stoccaggi di petrolio per poterlo rivendere successivamente a prezzi più elevati. I serbatoi si sono rapidamente riempiti.
2) domani scade il WTI Maggio 2020. Significa che chi ha in mano un future del petrolio in posizione lunga (è acquirente del barile) deve per forza andare a prendere il barile. Problema: nessuno sa a chi venderlo, nessuno sa dove metterlo. Motivo per il quale oggi tutti sono corsi a cedere i loro titoli, ma senza trovare nessuno pronto a comprare a prezzi normali o quasi normali. La prospettiva di dover affittare una petroliera ha reso più conveniente pagare qualcuno per prendersi la bega di farlo al posto tuo.
3) a rinforzare questa dinamica ci si è messo un ulteriore fattore speculativo. In generale, tutti gli operatori finanziari che investono sul mercato del petrolio, tendono a chiudere la loro posizione cedendo i titoli il giorno prima della scadenza e aprendone contemporaneamente un'altra per la scadenza successiva, proprio perché non hanno interesse a ricevere il barile fisico. E' una dinamica normale che avviene usualmente senza scossoni. Ieri non è stato così, anche per una ulteriore dinamica legata alla crisi: moltissimi piccoli risparmiatori hanno deciso che il prezzo è sceso tanto e prima o poi doveva per forza risalire, e dunque hanno voluto puntare sul petrolio. Per farlo, hanno investito in un ETF, un "fondo" che semplifica gli investimenti e rende esattamente quanto rende il suo c.d. sottostante, cioè segue pari passo l'andamento del petrolio. Per seguirne l'andamento, il gestore investe direttamente nei future WTI. Prima di ieri, questo singolo ETF era arrivato a pesare un quarto di tutte le posizioni sul mercato. Un quarto del mercato, praticamente. Oggi il fondo è corso a smobilitare tutto, come fa tutti i mesi, ma non ha trovato nessuno dall'altra parte pronto a prendere il barile da ritirare. Questo ha reso ancora più instabile il mercato. Qualcuno potrebbe essersi fatto molto male, ieri.
Secondo Bank of America questa dinamica è destinata a ripetersi anche per Giugno. I pozzi texani e americani non chiudono perché auspicano in una ripresa della domanda a breve, sanno che fermare tutto ha un costo più elevato di queste perdite. Certo, se il tutto non dura eccessivamente a lungo. In generale, il mercato dello shale oil avrà grandissimi scossoni.
Siamo in terra inesplorata e il mercato del petrolio e la geopolitica del petrolio (e del gas) sono entrati in una nuova era. Intrigante e tutta da seguire.