Di Benedetto Della Vedova
Ieri è stato finalmente approvato dall’Unione europea il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia di Putin, dopo molte settimane di stallo e di negoziati.
Le nuove sanzioni porteranno in qualche mese alla rinuncia di circa il 90% del petrolio russo che verrà sostituito da altre fonti; a questo si aggiunge l’estensione delle precedenti misure contro banche e personalità.
Punto primo: come durante e dopo la pandemia, l’Ue continua a prendere decisioni che la rendono un vero attore globale. Si poteva probabilmente fare prima e anche di più, ma complessivamente le sanzioni adottate sono senza precedenti.
Punto secondo: il primo ministro ungherese Orban, teorico dell’ossimorica “democrazia illiberale” e buon amico di Putin, ha condizionato fino al ricatto quest’ultima decisione, prima chiedendo per il proprio paese una eccezione all’embargo del petrolio, e infine, all’ultimo momento, pretendendo di escludere tra le personalità sanzionate il Patriarca di Mosca Kirill.
Se sul petrolio Orban poteva avanzare, anche strumentalmente, qualche argomento pratico, sull’esclusione di Kirill si è trattato di una pretesa politica ed ideologica, dal momento che Kirill ha dato totale copertura ideologica a Putin sull’aggressione all’Ucraina (peraltro titolare di ingenti beni personali in Europa, alla stregua di tanti non religiosi arricchitisi all’ombra di Putin).
Tra i punti programmatici su cui cinque anni fa fondammo Più Europa, c’era quello del superamento del voto all’unanimità, e quindi del diritto di veto anche nelle decisioni sulla politica internazionale dell’Unione europea. Pensare ad una politica comune di difesa, comunque costruita, significa in primis pensare a una efficace politica estera comune della Ue, che non ci sarà mai con il voto all’unanimità.
L’unanimità non solo si rivela un meccanismo disfunzionale quando servono decisioni importanti e rapide costringendo a negoziati laboriosi e compromessi al ribasso, ma consente anche a un solo paese portatore di ragioni e di interessi extra europei, quando non antieuropei, di impedire qualsiasi decisione.
Per questo, anche pensando all’Orban di oggi e di domani, vogliamo che i grandi paesi europei a partire dall’Italia spingano con determinazione per il superamento del meccanismo di unanimità, come del resto emerso in modo netto dai lavori della Conferenza sul Futuro dell’Europa.