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Manovra: 2,6 miliardi di tasse in più per le Pmi

Di Valerio Federico

PMI.IT calcola che la manovra proposta elimina benefici fiscali per il 2019 pari a 3,1 miliardi introducendone nuovi per 470 milioni. Insomma 2,6 miliardi di tasse in più per le piccole e medie imprese. Tutto questo mentre occupazione, salari, crescita della produttività e produzione industriale sono in calo, il PIL per ora lavorata è fermo, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono bassi, il costo del lavoro per le imprese è in crescita. Le priorità per tornare competitivi sono invece:
più investimenti in produttività, innovazione, istruzione, ricerca e sviluppo, meno costo del lavoro e tasse sulle imprese, meno spesa e meno debito.

Alcuni numeri:

  • In Italia la disoccupazione è in crescita, a settembre, dopo un lungo periodo di calo, è tornata a salire raggiungendo il 10,1% così come quella giovanile (31,6%). In Italia 2,6 milioni di italiani cercano lavoro. Il tasso di occupazione a settembre (58,8%) è diminuito di 0,1. L’attuale governo invece è ottimista “Gli occupati aumenteranno in media dell’1,1 per cento nel triennio 2019-2021 e il tasso di disoccupazione è atteso ridursi gradualmente fino a raggiungere l’8,6 per cento a fine periodo”.
  • I salari nel 2017 sono diminuiti mediamente in Italia dello 0,9% a fronte di un aumento della produttività dello 0,4%. Al contrario in Germania e in Francia sono cresciuti dello 0,6% con una crescita della produttività più alta. Considerando il periodo tra il 2010 e il 2017 i salari in Italia sono diminuiti in termini reali del 4,3%, in Germania sono cresciuti dell'8,3%, in Francia del 3,9%.
  • Il costo del lavoro in Italia è cresciuto dello 0,7% nel secondo trimestre 2018 rispetto al precedente e del 2,5% rispetto allo stesso trimestre del 2017. Il cosiddetto reddito di dignità aumenta i costi sia per i contratti a tempo determinato che per uscire da quelli a tempo indeterminato. Il governo giallo-verde riporta però che “La dinamica del costo del lavoro resterà contenuta, di conseguenza il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), è atteso decelerare nel 2019 allo 0,9 per cento” ma poi aggiunge “per poi aumentare lievemente poco sopra l’1 per cento”.
  • Il peso del cuneo fiscale sul costo del lavoro - la differenza tra il costo sostenuto dal datore e il reddito che arriva nelle tasche del lavoratore - è tra i più alti, l’Italia è al terzo posto nel 2017 tra i Paesi OCSE, dietro solo a Belgio e Germania.
  • La crescita della produttività italiana è, dal 1995 al 2017, 1/4 della media europea (0,4% contro 1,6), Germania 1,5, Francia 1,4, Spagna 0,6. Il governo scrive che “la crescita della produttività è attesa in aumento dello 0,5 per cento nel 2019” aggiungendo però “per poi rallentare lievemente negli anni successivi”.
  • Dal 2000 siamo l'unico Paese dove il PIL per ora lavorata non è aumentato.
  • La spesa destinata a ricerca e sviluppo in percentuale del PIL è largamente inferiore alla media UE, sia per il settore privato che per il settore pubblico, l’Italia non rispetterà l’obiettivo fissato dalla UE che prevede una spesa media UE del 3% del PIL entro il 2020 (1% di finanziamenti pubblici, 2% di investimenti privati). Il difficile accesso al credito in Italia - in via di peggioramento con i rendimenti dei titoli di stato in continua crescita da maggio - è uno dei principali ostacoli agli investimenti, così come l’insufficienza di personale qualificato.
  • In ottobre la produzione industriale è calata dello 0,3%, un trend preoccupante per l’occupazione.
  • Crescita zero per l’Italia nel terzo trimestre 2018, non avveniva dal quarto trimestre del 2014, nel 2018 chiuderemo con una crescita dello 0,9%, il governo prevede per il 2019 una crescita del 1,5%.
  • Il fatturato aumenta mediamente di più per le aziende che effettuano spese in ricerca e sviluppo.
  • Nel 2016 le imprese europee e quelle USA hanno accresciuto i loro investimenti in ricerca e sviluppo del 7%, quelle cinesi del 18%.
  • Quello italiano è un sistema bancocentrico, gli investimenti in venture capital – strumenti per finanziatori che puntano su imprese promettenti - sono un sesto / un settimo di quanto avviene in Germania e in Francia.
  • Nel documento programmatico di bilancio 2019 l’attuale governo scrive: “Il Governo intende utilizzare eventuali spazi di bilancio aggiuntivi derivanti da maggior crescita o minori pagamenti per interessi per spostare ulteriori risorse verso gli investimenti pubblici e l’incentivazione di quelli privati”. Considerando che le stime di crescita da più parti sono più basse di quelle del governo e lo spread si mantiene a ridosso dei 300 punti con maggiori interessi da pagare, non ci saranno ulteriori risorse verso gli investimenti.
  • Da stime UE dal 2018 al 2020 il rapporto deficit/PIL strutturale dell'Italia (al netto cioè delle misure una tantum e degli effetti del ciclo economico) raddoppierà, dal 1,8% al 3,5%. I Paesi più indebitati dovrebbero convergere più rapidamente verso l'obiettivo. Con la crescita del saldo strutturale in Italia non ci saranno nei prossimi anni spazi di manovra per investimenti pubblici (per lavoro, imprese etc.) e non reggeremo eventuali crisi finanziarie internazionali.

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