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Il nemico oggi è il Covid-19, non cerchiamolo altrove

Di Alessandra Senatore

Il virus ha trovato degli Stati deboli perché divisi: la cura è in un' Europa finalmente unita.

Non facciamo l'errore di scambiare l'ideale di una Europa unita con gli errori di qualche governante nazionale o con la goffaggine di un banchiere centrale: oggi più che mai dobbiamo ambire a quell'ideale per poter affrontare le future sfide globali come questa crisi sanitaria.
Nel momento più critico per gli europei sono venuti fuori i limiti di questa UE. Siamo al giro di boa: o si rilancia l’Unione su questioni d'interesse continentale, come sanità, ambiente, sicurezza e politica estera comune, o si ritornerà irrimediabilmente indietro all’epoca degli Stati armati l’uno contro l’altro. L'incapacità di governare e affrontare in maniera coordinata e comune la crisi sanitaria, che pure sta toccando progressivamente la vita di tutti i cittadini europei, dimostra quello che noi sosteniamo da sempre: ci vuole più Europa perché quella attuale è inadeguata e incompiuta.
Di sicuro, però, questa Europa resta ancora il continente con il maggior livello di benessere diffuso, un continente dove ognuno di noi è libero di essere ciò che vuole, di circolare, di scegliere per sé, di pensare e dire ciò che vuole. Ci sono Paesi del mondo - inclusa la tanto celebrata Cina - dove tutto questo banalmente non si può fare. La Cina che oggi fornisce ventilatori e mascherine è la stessa che persegue oppositori politici, minaccia la libertà e la democrazia di Hong Kong e ha celato per molte settimane l’evolversi dell’epidemia. In Europa, seppure in maniera scoordinata, stiamo arginando l’emergenza facendo leva sul senso di responsabilità delle persone, sulla libera volontà dei singoli di collaborare, ma lo stiamo facendo senza costrizioni stringenti, senza controllo coatto e sanzioni gravi, senza essere mossi come pedine inermi dal sistema: questo perché siamo un continente democratico e civile, perché crediamo che l'agire consapevole e responsabile delle persone è il fondamento di ogni libertà.
Quando diciamo che l'Europa non ci piace e addirittura - come fa anche qualche politico scellerato, o forse soltanto interessato - guardiamo con benevolenza a paesi come la Cina, facciamo attenzione a non buttar via il bambino insieme all'acqua sporca.
È il momento di trasformare le minacce in opportunità, è il momento di guardare al caos generato da questa pandemia e alle grandissime difficoltà derivate dall'averla affrontata ciascuno per sé, per imparare finalmente quale deve essere il senso e la necessità di governare insieme - da europei - in un mondo globalizzato.
Non c'è più tempo per gli Stati membri di pensarsi come monadi, pronte a difendere egoisticamente i propri interessi nazionali a detrimento di una strategia di crescita comune.
Se non si capirà, quello che per alcuni è palese, ovvero che nello scenario geopolitico ed economico internazionale ci sono super potenze, come la Cina, che ambiscono al predominio imperialistico globale e che il "dividi et impera" è la strategia che stanno provando a mettere in campo per smontare l'Europa così da indebolirla, allora davvero saremo tutti destinati a soccombere, perché da soli non abbiamo alcuna chance di competere, non illudiamoci, da soli non ce la possiamo fare.
Il modello teorico di Unione da cui è partito il processo di integrazione deve finalmente tradursi in azioni concrete e radicali verso un paradigma che rafforzi le istituzioni sovranazionali a scapito del modello intergovernativo.
Forse sarà proprio questa pandemia ad insegnarci il valore positivo della cooperazione e l'utilità dell'agire solidale, non solo a livello personale ma tra nazioni e cittadini europei. E sarà questa pandemia a creare un nuovo “bipolarismo”: tra chi vuole una Europa nuova, più unita e forte e chi, come i sovranisti, si sta vendendo alla potenza mondiale "miglior offerente".

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