di Valerio Federico e Paolo Costanzo
Il Presidente del Consiglio il 6 aprile annunciò al Paese: "diamo liquidità IMMEDIATA per 400 mld alle imprese, piccole medie o grandi. Lo Stato offrirà una garanzia perché i prestiti avvengano in modo celere, spedito".
È andata, purtroppo, in modo molto diverso: dopo 7 mesi sono stati concessi dalle banche 85 miliardi, il 21% di quanto promesso, in modo né immediato e né celere. Forse si arriverà a concederne entro la fine del 2021 altri 108 e comunque solo se si prevederà in manovra una dotazione supplementare per il Fondo di Garanzia di 7,15 miliardi, della quale né si fa cenno nella recente nota di aggiornamento del DEF né si considera nello scostamento di 23 miliardi votato dal Parlamento.
Nello scorso giugno l’operatività del Fondo di Garanzia è stata salvata con una operazione di cosmesi dopo che il Consiglio di Gestione del Fondo ha approvato la riduzione della percentuale di accantonamento necessaria per coprire i rischi sui prestiti. Il Fondo di Garanzia, creato dallo Stato, è stato dunque alimentato a rilento e con risorse insufficienti provocando i ritardi nelle concessioni di prestiti delle banche. Banche che, per le garanzie insufficienti, se hanno prestato soldi lo hanno fatto alle imprese più solide, quindi a quelle meno danneggiate dalla crisi dovuta alla pandemia.
Oggi mancano 1,25 miliardi per il Fondo fino alla fine del 2020 e altri 5,9 miliardi per il 2021 (totale 7,15), per assicurare la prosecuzione delle misure di sostegno alle imprese.
Purtroppo, quella dei 400 miliardi è stata una ennesima uscita demagogica, una barzelletta, tipica della politica degli annunci e delle promesse che tali restano.