Di Liana Milella
ROMA - "Riforma? No, questo è un trofeo del partito che voleva chiudere, e non certo riformare il Parlamento". Parola di Emma Bonino.
Lei ha fatto tante battaglie per la Costituzione. Ritiene che il taglio vada contro la Carta?
"La Costituzione è un sistema. Non esiste un numero di parlamentari "giusto" in sé, ma coerente con il quadro istituzionale. Seicento eletti in un sistema monocamerale non sono uguali a 400 eletti in una Camera e 200 nell'altra con un bicameralismo paritario. La mutilazione della rappresentanza democratica non è una riforma. È un trofeo consegnato al partito che il Parlamento non voleva riformarlo, ma chiuderlo".
Innanzitutto mi spieghi: il suo no, se dovesse prevalere tra i cittadini, avrebbe come conseguenza la caduta del governo Pd-M5S. Lei vuole questo? O il suo no è nel merito?
"Non c'è un solo atto che io abbia compiuto in questa legislatura che sia stato motivato dalla volontà di tenere in piedi o di fare cadere il governo. Né questo, né il precedente. Il mio no è contro una legge fondata sul disprezzo del Parlamento e della funzione parlamentare".
Il fronte del no è trasversale. Ma non la imbarazza stare con partiti come Lega e Fdi?
"Veramente Lega e Fdi sono schierati per il sì, e non mi constano particolari divisioni al loro interno. Ai parlamentari del Pd e di Fi che hanno promosso il referendum contro i rispettivi partiti riconosco il merito di avere tenuta aperta una questione che in caso contrario sarebbe già chiusa".
Chi vota no accusa la riforma di populismo: ma tra la gente voi parlamentari siete mal visti, vi ritengono dei fannulloni che guadagnano un sacco di soldi...
"Vengo da una storia politica in cui nessuno si è arricchito e i più, a partire da Pannella, si sono impoveriti. Ma sentire parlare del Parlamento come di un covo del malaffare occupato da parassiti, che vanno eliminati come se fossero dei pidocchi, mi fa intellettualmente orrore, e non mi capacito di come persone rispettabili non insorgano contro questa retorica tossica".
Non la convince la necessità di ridurre i costi della politica?
"I costi della politica, in senso deteriore, sono tutti gli sprechi che la politica decide o consente. Quota 100, o l'ennesimo salvataggio di Alitalia, per me sono esempi di costi spropositati della politica che andrebbero tagliati. Quanto ai risparmi di 345 eletti in meno, si tratta, come ha ricordato Cottarelli, di meno di 60 milioni l'anno, meno di un caffè all'anno per italiano. Quello dei costi è un alibi, non un obiettivo".
Nel Pd si è aperta una consistente breccia per il no: addirittura Luigi Zanda ritiene che vada bocciata una legge per la quale non sono state approvate altre riforme pur promesse da M5S, una nuova legge elettorale, nuovi regolamenti parlamentari, modifica del quorum che deve eleggere il presidente Repubblica. Condivide queste argomentazioni?
"Condivido le preoccupazioni di Zanda e capisco anche l'imbarazzo del Pd. Ci sono episodi che dicono più di mille discorsi. Per due volte in due giorni il Pd ha rinunciato agli spazi delle tribune elettorali per il sì che gli spettano in base alla par condicio. Ha lasciato la sedia vuota. Mi auguro che questo preluda alla possibilità che il Pd occupi le sedie per il no. Ma se fosse una "strategia del silenzio" per troncare e sopire lo scandalo di questa mutilazione della Costituzione, sarebbe ancora più grave di una militanza attiva per il sì. Peraltro, in quelle occasioni, anche il M5S ha lasciato le sedie vuote, senza dovere nascondere contraddizioni interne. Per loro sicuramente meno se ne parla e con meno contraddittorio possibile, meglio è".
Secondo lei, con il taglio, il Parlamento davvero non potrebbe più funzionare e si bloccherebbe?
"L'argomento per cui meno sono i parlamentari più c'è efficienza è di una tale stupidità da lasciare storditi. I parlamentari sono troppi o troppo pochi a seconda delle funzioni che hanno, dei regolamenti delle Camere e del ruolo che queste rivestono nel sistema istituzionale. Il taglio degli eletti in un sistema istituzionale inalterato è una garanzia di inefficienza. E al Senato, con 200 eletti e 14 commissioni permanenti, di vera e propria paralisi".
Le Regioni. La Basilicata ha tentato la via della Consulta. Lei vede una rappresentanza regionale compromessa?
"La rappresentanza è insieme di cittadini e di territori, e dunque è normale che in Paesi come l'Italia, in cui esistono sia grandi aree metropolitane, sia vasti territori poco abitati, sia necessario stabilire un rapporto tra eletti e elettori che tenga conto di queste diverse realtà. La Basilicata 55 abitanti per km quadrato, la città di Roma 2.200. Questa ponderazione nella cosiddetta riforma è saltata del tutto, come se il problema non esistesse".